Quest’anno il Centro Sportivo Italiano spegne 70 candeline. Il Csi nasce nel Gennaio del 1944, in piena Seconda Guerra Mondiale, un periodo in cui non c’erano diritti ma soltanto obbedienza. Era vietata l’aggregazione, l’associazionismo, ma c’era tanta voglia di ripartire; i primi ha dare ispirazione sono stati l’Azione Cattolica con Gedda. In questo periodo di guerra l’iniziativa è quella di portare avanti l’esperienza dei Fasci creata durante il regime fascista. L’obiettivo era trasformare una pratica sportiva aperta a pochi ad pratica sportiva di massa, con la diffusione dei primi concetti di associazione. Con Luigi Gedda, stratega dello sport, con l’aiuto di Papa Pio XII, vengono definiti gli obiettivi,gli ideali, i principi educati, i valori morali che devono essere rispettati in un modello sportivo che si adatti alla massa. Era l’ora della idealizzazione, della rinascita, non più tempo della riflessione ma tempo dell’azione, il tempo dello sport per tutti e di tutti. Oggi, con il convegno a San Pietro e Paolo ad Aprilia sul 70 anniversario del CSi, hanno partecipato personaggi sportivi famosi, come Fabrizia D’Ottavio medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene nel 2004; Alessandro Marziali del corpo sportivo della polizia, nel 2013 è di nuovo campione italiano assoluto; ed infine, Klaudio Ndoja, cestista di livello assoluto, ala della Vanoli Basket Cremona. Nel 2010 rappresenta l’Italia, con il Csi, al 3 vs 3 dello Street Basket World Championship, svoltosi a Mosca. Il terzetto si è aggiudicata il terzo posto con la medaglia di bronzo. La storia di questo ragazzo è una storia importante, più della sua stessa carriera sportiva. Ndoja, di origine albanese, si è rifugiato in Italia con la sua famiglia per scappare dalla guerra che ormai aveva raggiunto i confini, fino al Kosovo. Il presidente del Csi della provincia di Latina, il signor Davide Vitamore, ci ha raccontato l’incontro con il Papa nella giornata di ieri a San Pietro, dove si sono dati appuntamento membri del Csi di tutta Italia. “Eravamo circa un migliaio di atleti della provincia di Latina. L’incontro di ieri con il Papa è stato emozionante, lui ha voluto focalizzare il discorso su tre termini: scuola, sport e lavoro. E’ stato per noi un suggerimento di vita nel proseguo dell’impegno che ci siamo presi ormai da 70 anni, principalmente per quanto riguarda l’educazione dei giovani. Sottolineando – ci spiega il presidente – queste tre parole che compongono la ricetta per allontanare i giovani dalla droga, dalla strada, dall’alcool, dalle varie problematiche giovanili.
E’ stata una giornata di festa, di commozione; eravamo più di 80 mila atleti da tutta Italia”. L’emozione di trovarsi davanti al Papa ci insegna a capire quanto questa figura sia indispensabile per divulgare un messaggio di pace, di fratellanza, di diffusione di quei valori che all’interno dello sport in generale ed in particolare, è di un’importanza vitale per raggiungere gli obiettivi nella piena lealtà. “Gli anglosassoni – ci illustra il presidente del Csi di Latina – utilizzano la parola “Sports”, la “s” finale sta a significare che fanno delle differenze all’interno dello sport, non è giusto generalizzare. Noi proponiamo uno sport che deve avere al centro della sua attività la persona, allora lo sport può davvero aiutare ed educare. Le criticità sono più dei genitori, devono stare attenti, c’è bisogno di una formazione permanente e l’attenzione rivolta sempre alla persona”. Ci racconta una storia che ha dell’incredibile e riguarda un ragazzo, Francesco Vessori, 14 enne normodotato, che non poteva giocare al calcio, sua grande passione. Ha scritto al Csi, per chiedere aiuto e cercare di incentivare un cambiamento nel regolamento del gioco, il quale non gli permetteva di utilizzare le stampelle, essendo purtroppo, senza una gamba. A tempo di record il regolamento è stato cambiato: “questo simboleggia – ci racconta Davide – che le regole sono giuste nello sport ma devono andare a favore dell’atleta, devono essere accoglienti ed inclusive, e non volte ad escludere ed emarginare”. Nel convegno di stamattina sono stati presentati tre atleti italiani, di cui uno di essi è di Aprilia.
Incontrarli uno ad uno è stato importante per capire se i valori dello sport, come l’amicizia, il rispetto dell’altro, la capacità di accettare la sconfitta, fossero ancora insegnati ai ragazzi che si avvicinano ad un’attività sportiva. Alessandro Marziali, professionista della boxe crede molto nell’insegnamento dei valori morali e sportivi all’interno di qualsiasi attività si essa singola o di squadra: “Si, in tutti gli sport sia singoli che di squadra, lo sport viene insegnato anche attraverso questi pilastri. C’è sempre un’insegnante che riesce a trasmettere ad ogni atleta che ha le motivazioni e incentivi, in modo da renderlo pronto ad affrontare una gara singola (se parliamo di sport singoli), o una di squadra. Ogni sport deve prefiggersi un obiettivo finale, l’insegnamento di valori giusti ti porta ad essere competitivo in tutti i livelli e ad essere un vincente. Nei miei round, l’attività agonistica si svolge in quei 3 minuti, finita la gara siamo diventati amici. Il pugilato – conclude Alessandro – mi ha insegnato il valore della sintonia con i maestri che con i compagni, ti crei così un gruppo che ti da la forza anche quando pensi che tutto sia perduto.” Un’altra atleta di un livello mondiale è la D’Ottavio della ginnastica ritmica, che si è dedicata allo svolgimento di attività di ginnastica in teatro e per un gruppo di piccole atlete: “Mi occupo ora dell’allenamento delle bambine in varie società di tutto il territorio italiano, mi piace dare un mio contributo, non solo strettamente di origine tecnica ma anche sentimenti di amicizia che nascono in un gruppo.
Il lavoro di squadra, la collaborazione sono insegnamenti di vita che mi sono portata avanti e mi hanno dato la forza di vincere. Delle volte è importante mettersi in ombra per aiutare un compagno in difficoltà; il sacrificio è la miglior arma. Nelle interviste ho sempre parlato con il “noi” mai di me stessa, perchè entrare in una mentalità di squadra significa anche questo. Anche ora le insegnanti della ginnastica offrono un loro contributo per insegnare alle generazioni future cosa sia il rispetto e la collaborazione, ma ad un livello più alto delle volte vengono scavalcati per l’obbligatorietà della vittoria, e questo è un peccato. Convogliare entrambe le cose sarebbe ancora meglio”. Infine, Ndoja, ragazzo di origini albanese ormai stabilito da tempo in Italia, con una storia che va al di là della sua stessa carriera da cestista; vuoi o non vuoi, si parla di un’esperienza che l’ha segnato. “Le condizioni invivibili che c’erano in Albania dove non si vedevano spiragli per un futuro a causa della guerra, e così i miei genitori hanno deciso di trasferirsi in Italia. La passione per il basket è innata e ho iniziato a giocare con il Csi il primo anno, per poi arrivare in serie A ed essere capitano. Quest’anno ho giocato a Cremona, ma sono stato capitano del Brindisi. Lo sport credo che si il “lavoro” o meglio l’ambiente dove la meritocrazia è una cosa imprescindibile. Mi ha insegnato che tutto è possibile, se c’è voglia, desiderio e sacrificio si può arrivare a fare qualsiasi cosa. L’amicizia è il valore fondamentale, senza il gruppo la partita non si vince, e questo l’ha detto anche il Santo Padre nella cerimonia di ieri”. Prima dell’inizio del convegno il presidente del Csi Italia ha brevemente raccontato la storia della prima bandiera del Centro Sportivo Italiano, la quale è stata benedetta da tutti i pontefici che si sono susseguiti dal 1944 fino a ieri con Papa Francesco. Inoltre, in Via Ugo la Malfa è stato allestito per la giornata di oggi, un villaggio dello sport gratuito con gonfiabili e animazione. Per concludere in bellezza questa giornata di festa verrà disputato un triangolare di beneficenza al Quinto Ricci (a partire dalle 20.15) con la Nazionale di Calcio Attori, con la rappresentativa del Centro Sportivo Italiano e e la rappresentativa delle Associazioni Territoriali. Lo sport è anche divertimento, soprattutto divertimento, ma nel gioco devono essere trasmessi valori positivi, l’amicizia, il sacrificio, il duro lavoro, il rispetto per l’altro, ed insegnare il valore della sconfitta. Lo vediamo anche nel calcio, dove l’Italia si divide in tutte le sue fazioni, attraverso i quali i membri si offendono l’un l’altro, o peggio trasmetto un insegnamento negativo ai posteri, i quali vedono negli atteggiamenti non positivi situazioni da rispettare. Così non avremmo più dei campioni, nessuno emergerà per le proprie qualità, ma in questo modo si contribuisce ad un livellamento verso il basso, in termini di valori, morale e quant’altro.
Melania Orazi