Non c’è il tempo per annoiarsi a Londra, principalmente quando si parla di football.
Con 13 squadre professionistiche e numerose altre dilettantistiche, la capitale britannica presenta un palmares calcistico di tutto rispetto, essendo inoltre uno dei campionati – la Premier League – più seguiti al mondo.
IL VIAGGIO…”WHEN SATURDAY COMES”. L’odore di frittura è curiosamente parte integrante della grande metropoli britannica; inoltre, secondo dati statistici, Londra stessa è la città europea dove è presente il maggior numero di etnie diverse, che tra loro convivono pacificamente. Gli stessi immigrati sono contribuenti e ritenuti al pari livello degli stessi nativi sotto il punto di vista umano e del welfare, parte integrante di un grande emisfero economico e commerciale, chiavi importanti per la stessa sopravvivenza del Paese.
Il viaggio inizia, direzione Upminster, East End. Durante la traversata di circa mezz’ora, partendo da Holborn (località cuore del ricco West End), il paesaggio cambia drasticamente. La fermata Upton Park (zona 3) non è di certo neanche lontanamente paragonabile alle meraviglie di Tower Hill o di Piccadilly.
L’uscita della metropolitana affaccia proprio su Green Street, la popolare strada famosa per alcuni film commerciali e libri che hanno raccontato la cruda realtà degli Hooligans negli anni Settanta ed Ottanta : la I.C.F., Inter City Firm del West Ham United.
L’East End è popolata principalmente da arabi, giamaicani ed europei dell’est, di londinesi pochi. Si prosegue per Green Street alla ricerca del maestoso e celeberrimo stadio del West Ham United, Upton Park o semplicemente il “Boleyn Ground”. Il football non è un semplice gioco, è mentalità, amore ed odio, sono conflitti fra classi sociali che hanno fatto la storia dei diversi club di calcio. Il derby fra Spurs (Totthenam) ed Hammers (West Ham) è uno dei più sentiti nell’intero panorama europeo: in campo scendono storie di vita diverse, di popoli proletari, operai che non conoscono ricchezza se non il West Ham, contro altre realtà che nella maggior parte dei casi sono economicamente più floride. Ovviamente senza tralasciare il derby per eccellenza, quello del Sud-Est tra West Ham e Millwall, una rivalità tra membri della working class, separati da dure battaglie per il diritto al lavoro, inteso in maniera differente. Quindi a Londra non è solo calcio, è qualcosa di più. E lo si insegna da piccoli: accanto allo stadio sorge un asilo, perché la mentalità sociale ed aggregante del football deve essere insegnata fin da piccini.
Il West Ham è un’accademia dove si insegna a giocare a football ed a onorare la maglia ogni volta che si scende in campo. Al pari di tante altre realtà britanniche, dove è facile trovare una intensa comunione tra il gioco, la famiglia e valori portanti come il lavoro e la solidarietà. Commovente inoltre l’angolo della memoria situato subito dopo il cancello di entrata dello stadio, realizzato al fine di commemorare i defunti tifosi accaniti del Wast Ham. In questo luogo incontrammo un anziano che pregava e guardava fisso una lapide con la sciarpa claret & blue in tasca e scalpitante per la partita tra la sua amata West Ham ed il Burnley: “Mio figlio mi diceva sempre, ‘Papà portami a vedere il West Ham’, ma io non volevo che frequentasse lo stadio, lo ritenevo pericoloso. Lo accompagnai una sola volta e per me fu come un colpo di fulmine. Seguo il West Ham da molti anni oramai e devo ringraziare mio figlio. Lo vedete? In onor suo feci collocare una piccola lapide in questo angolo di raccoglimento, sorto per ricordare i fan del West Ham tra cui mio figlio che purtroppo è venuto a mancare”. Una storia da mettere i brividi.
Nei pressi dello stadio è presente inoltre lo store della squadra, dal quale è impossibile non uscire senza un gadget o un ricordo. Proseguendo per Green Street si innalza maestosa davanti a noi la “Statua degli eroi”, che celebra i tre “irons” campioni del mondo con l’Inghilterra nel 1966: il capitano Bobby Moore, il centrocampista Martin Peters, l’attaccante Geoff Hurst ed un intruso giocatore dell’Everton per completare la raffigurazione.
Di fronte la statua il celebre pub “The Boleyn” dove i fan del Wast Ham si incontrano per una pinta di birra prima e dopo la partita, discutendo su quale potrebbe essere la formazione e sull’esito del match.
Il West Ham ha rappresentato la storia del calcio inglese, per questo è uno dei club più seguiti al mondo; la sua popolarità ha varcato i confini dell’Inghilterra, il suo inno mette i brividi: “I’m forever blowing bubbles”, autentico testamento malinconico che attraverso una metafora narra di tutte le difficoltà che un uomo può incontrare nel corso della sua vita.
Nel 2016 il Boleyn Ground verrà abbattuto, costringendo la squadra a trasferirsi al villaggio olimpico nel quartiere di Leyton, ma tutti sapranno che non sarà la stessa cosa. Malgrado il nuovo impianto potrà permettere introiti raddoppiati con il conseguente allestimento di una squadra finalmente in grado di competere per il titolo, a scapito però del romanticismo e delle tradizioni. L’East End vive di calcio ed il Wast Ham non è un semplice club di calcio.
LA FONDAZIONE DEL CLUB. Il club è stato fondato in epoca vittoriana come dopolavoro per gli operai del cantiere navale Thames Ironworks, cambiando successivamente la denominazione in West Ham United Football Club. I colori sociali sono claret & blue (blu e vinaccia), mentre il simbolo raffigura due martelli (hammers) incrociati. Negli ultimi anni è stato raggiunto al logo il disegno del Boleyn Castle, che sta giusto dietro lo stadio, che per questo ha preso il nome di Boleyn Ground, ma meglio conosciuto come Upton Park.
La divisione calcistica di Londra lascia spazio ad identificazioni sentimentali con il territorio: si stipula un vero senso di appartenenza con il quartiere, piuttosto che con la capitale in se stessa. E lo si vede come i tifosi approcciano al calcio: non più spettatori passivi ma veri protagonisti dello spettacolo. Negli anni ’70 diventa forte il connubio tra moda, musica e football: questi tre elementi diventano parte integrante dei residenti dell’East End, da cui nascono anche numerose sottoculture, tra cui gli original skinheads, i mods (più caratteristici, però, di Carnaby) ed i casual. La tifoseria del West Ham aggrega skins ed immigrati, accomunati da un identico modo di vestire, caratteristico anche delle altre sottoculture d’oltremanica: anfibi griffati Dr. Martens, jeans Levi’s, Ben Sherman, polo Fred Perry, sneakers Diadora o Adidas.
Il fenomeno dell’hooliganismo ha creato un immaginario collettivo basato sul luogo comune delle “teste rasate”, che negli anni Settanta ed Ottanta sfogavano la propria rabbia sociale in teppismo da strada e da stadio. Il gruppo allargato costituito dai tifosi del West Ham si chiamava Inter City Firm (ICF), e secondo alcuni, è stato più famoso della squadra stessa. Nel frattempo nel’75 la squadra vinse un’altra F.A. Cup.
Le lotte di classe sono man mano diventate sempre più frequenti e feroci, fino alla chiusura definitiva del gruppo. La riforma Thatcher è poi storia nota.
LA PARTITA CON IL BURNLEY, 02 MAGGIO 2015. “When Saturday Comes”, Green Street si dipinge di claret&blue. Famiglie, giovani, anziani, attendono trepidamente il fischio di inizio e fra una pinta di birra e l’altra ricordano il glorioso West Ham United di Bobby Moore ed il suo futuro prossimo con il cambio di stadio. Nell’aria, oltre all’odore di frittura proveniente dai tanti negozi pakistani, giamaicani e da quelli ambulanti, si respira un
clima di festa, un’assoluta tranquillità, una rabbia repressa che attende l’inizio del match per essere sfogata a suon di canti per far sentire la propria vicinanza alla squadra. Vincere è importante, ma sostenere la squadra sempre nel bene e nel male è fondamentale. Oltre il risultato. Sempre.
Il pub “The Boleyn” è gremito di gente, così come anche il “The Queen’s“, altro grande spazio di raduno dei fan più “tranquilli” del West Ham, dove vi sono anche donne e bambini.
L’inizio della partita è da leggenda: si alza il coro di “I’m forever Blowing bubbles” e tutto diventa straordinario ed immaginabile per 90 minuti.
Melania Orazi