Sono 203 le prestazioni specialistiche a limitata prescrittibilità; la Ministra Beatrice Lorenzin è l’artefice del decreto per limitare le prescrizioni inappropriate. Sotto la lente di ingrandimento soprattutto i settori dell’odontoiatria, radiologia, le prestazioni di laboratorio, la genetica, dermatologia, allergologia, medicina nucleare.
Ma i medici non ci stanno. I camici bianchi sottolineano la inappropriata modalità per contenere le spese sanitarie: gli stessi criticano quindi il decreto ma giudicano positivamente il percorso intrapreso dal Governo. Il non rispetto delle indicazioni del nuovo decreto sanità prevede delle sanzioni per i medici trasgressori, e le prestazioni che risultano essere al di fuori delle condizioni di erogabilità contemplate dal DM saranno sottoposte a totale carico dell’utenza.
Il Primo Allegato presenta un elenco di prestazioni di specialistica ambulatoriale soggette a condizioni di erogabilità o indicazioni di appropriatezza prescrittiva: in parole povere si tratta di prestazioni odontoiatriche, radiologiche e di laboratorio (esami ematochimici). Il Secondo Allegato invece contempla le patologie diagnosticabili con le prestazioni di genetica medica; il Terzo indica i criteri in base ai quali sono state identificate le condizioni di erogabilità odontoiatrica.
Con l’entrata in vigore del decreto del Ministero della Salute, i medici di medicina generale potranno prescrivere soltanto alcuni esami o prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale, e solamente sulla base delle indicazioni di appropriatezza prescrittiva (vale a dire quando un paziente risulta essere affetta da una patologia che rientra nelle condizioni di erogabilità).
Ma il problema è sempre lo stesso: ci regalano la Ferrari, ma con il serbatoio vuoto. Perché? La domanda è lecita. In tutto questo caos burocratico è l’utenza ambulatoriale ad avere la peggio, per diversi motivi: la censura da parte dei media nazionali non avrebbe permesso al popolo di essere preparato a questa bufera legislativa che ha colpito la sanità pubblica. L’utenza impreparata ed il medico di famiglia in totale confusione rendono l’erogazione del servizio aperto a molteplici battibecchi ed incomprensioni che rallentano il processo e lo rendono più funesto e desolante, senonché frustrante.
Quindi chi ha progettato, pubblicato e successivamente promulgato il decreto non ha fatto i conti con i “sempreverdi” problemi di “organizzazione all’italiana”, in grado di scatenare tutta la loro potenza senza prevedere come e quando utilizzarla: ci danno la Ferrari ma il serbatoio è vuoto!
E non solo. Gli specialisti ospedalieri inoltre sembrano non aver ancora recepito ed assimilato quanto disposto dal nuovo ordine ministeriale: infatti tramite un comunicato della Regione Lazio, inviato a tutte le Asl, gli stessi sono obbligati a prescrivere su “ricettario rosa”, “in modo che ogni cittadino possa immediatamente utilizzare la stessa presso le farmacie del territorio e/o accedere ai centri unici di prenotazione della Asl (CUP).”
Nei media televisivi nazionali sia pubblici che privati, è stata eccessivamente fornita la notizia della diffusione della nuova ricetta elettronica: il paziente, previo colloquio con il medico e la successiva prescrizione del farmaco, può recarsi in farmacia e con la propria tessera sanitaria ritirare il farmaco presso qualsiasi farmacia situata su suolo nazionale. Cosa ne è stato di questa innovazione? Una grande confusione: la fatica nell’adeguarsi alla ricetta dematerializzata da parte di tutte le Asl presenti sul territorio nazionale, è stata sostituita in parte dalla diffusione della ricetta elettronica, che però non tutte le stesse Asl sono ancora in grado di rispettare. In particolare nel nostro territorio, problemi sono stati riscontrati nel distretto Asl di Nettuno: infatti diverse ricette non sono state accettate dalla farmacia perché l’utente risultava essere residente addirittura in un’altra regione. Un caso di omonimia? Potrebbe essere. In tal caso il software non è ancora in grado di distinguere la regione di residenza di un qualsiasi individuo registrato nel Sistema Sanitario Nazionale. Consigliamo, in casi di questo genere, di recarsi all’ufficio tributi del proprio Comune, l’unico ufficio che è in grado di fornire spiegazioni dato che è direttamente collegato al Ministero delle Finanze.
Al momento una medesima condizione si riscontrerebbe negli studi medici di Aprilia e nella Asl di competenza, in particolar modo nell’appropriatezza prescrittiva di alcuni medici specialisti, che sembrano in confusione riguardo l’utilizzo del ricettario rosa.
La Regione Lazio, in un comunicato, consiglia “i cittadini a segnalare qualsiasi disguido che possa verificarsi nel proprio percorso assistenziale, alla Asl di appartenenza o presso gli uffici relazioni con il pubblico o strutture similari”.
Un problema lo si riscontra anche nella procedura di compilazione del Piano Terapeutico, per farmaci “non ordinari”, da parte di medici specialistici ospedalieri. Rispettare alla lettera quanto indicato dal DL rappresenterebbe comunque una agevolazione per l’utenza, già vessata da pratiche burocratiche esasperanti e confusionarie.
Poiché un disguido o una dimenticanza provocherebbero una perdita di tempo per il paziente e, di conseguenza, per il medico di famiglia, il quale è oramai depotenziato dalla facoltà (per legge) di prescrivere liberamente il farmaco. Nella maggior parte dei casi, l’utenza non è informata e quindi ignora, aprendo spesso penose e deliranti discussioni, con polemiche volte principalmente al personale operante nel singolo studio medico.
Melania Orazi