“È vero: ad Aprilia serve un Osservatorio sull’immigrazione, ma per fermarla e farla regredire.
Non serve citare Anis Amri, il terrorista che ha transitato nella nostra città prima di andare a compiere il massacro di Berlino lo scorso dicembre, per dire che ad Aprilia non servono né politiche di accoglienza, né altri immigrati.
Per ogni immigrato sottopagato che lavora nelle campagne, che lavora come badante, che fa i “lavori che gli italiani non vogliono più fare” c’è un cittadino italiano a casa, disoccupato.
E questo non perché esistano lavori che gli italiani non vogliono più fare.
Bensì perché esistono stipendi e condizioni sociali che gli italiani non possono più accettare.
Essendo un fenomeno sradicante, l’immigrazione distrugge le culture e non può quindi arricchire nessuno.
Chi ha scelto di lasciare la propria terra si muove a partire da un tradimento originario.
Non può quindi essere ambasciatore di una cultura a cui egli ha voltato le spalle.
Del resto la dinamica immigratoria porta più all’omogeneizzazione che alla differenziazione.
Genera la creazione di un cittadino globale che, fondamentalmente è uguale ovunque nel mondo.
Per cui ogni confronto diventa pressoché inutile.
E poi come è possibile sostenere la tesi dell’integrazione parallelamente a quella dell’arricchimento?
Chi si integra diviene – o dovrebbe divenire in teoria – “come me”, quindi come posso arricchirmi dialogando con un mio clone?
Aprilia sorge su una terra bonificata, simbolo di rinnovata speranza non solo per coloro che, da nord a sud d’Italia vennero qui.
Ma per tutta la nazione in quanto rientrava all’interno del progetto di bonifica integrale.
Ed il migrare da una regione all’altra di cittadini i quali avevano cementificato lo spirito di unità nazionale.
Combattendo e versando il proprio sangue nelle trincee del Carso e sul Piave.
Difendere il confine nazionale non è assolutamente paragonabile all’immigrazione selvaggia che la nostra terra subisce oggi.
Aprilia non deve essere militarizzata, né tantomeno essere riempita di telecamere o droni.
La nostra città deve riscoprire le sue radici e mettere i propri cittadini al centro di tutte le politiche.
Non possiamo permetterci il lusso di accogliere a destra e a manca tutti i disperati del mondo.
Per quanto volenterosi o pieni di buone intenzioni.
Fin quando la disoccupazione e la precarietà continueranno ad essere le sole aspettative per i nostri concittadini”.
di Anna Catalano