Titolo originale: Oh boy
Regia: Jan Ole Gerster
Produzione: Germania, 2012
Durata: 83 minuti
Distribuzione: Academy 2
Oh boy è il racconto ironico di una giornata qualsiasi trascorsa nella densa città di Berlino da un giovane di nome Niko, un ragazzo che, alle soglie dei trent’anni, avendo abbandonato gli studi universitari in legge, vive come sospeso nell’attesa che la propria vita riacquisti un senso. Questo ragazzo dalla faccia sbattuta ma pulita vive come in un mondo sommerso passando le proprie giornate a girovagare per le strade di Berlino, incapace di penetrare il mondo che lo circonda e di trovarvi il proprio posto. La commedia ha un sapore quasi surreale che esalta l’indolenza del protagonista attraverso gag e scene divertenti, richiamando alla mente Fuori orario di Scorsese. Il film è argutamente girato in bianco e nero ed una sensuale colonna sonora jazz accompagna i movimenti del nostro antieroe. <<Ho pensato che il bianco e nero potesse trasmettere il senso di alienazione di Niko. Il bianco e nero crea una distanza. Proprio perché il film racconta una giornata come le altre a Berlino, ho pensato che l’assenza di naturalismo potesse aiutare l’astrazione che cercavo>> spiega il regista in un’intervista.
Niko, in effetti, indugia in quella che sembrerebbe una tardo-adolescenza, ma che potrebbe rappresentare una fascia d’età finora inedita, frutto di sviluppi socio-economici recentissimi; una nuova generazione di pseudo-adulti frustrati in quanto non ancora produttivi ed economicamente indipendenti. Il ragazzo vive alla giornata facendosi trascinare con svogliatezza dagli eventi e dagli incontri fortuiti, apparentemente non curante del proprio stato, ma in realtà vinto dal senso d’impotenza. Brancolare nell’incognito e nell’indefinito senza dolore né passione è, forse, la condizione esistenziale peggiore. La generazione precaria e nichilista dei trentenni di oggi può in qualche modo identificarsi con il giovane protagonista, senz’altro per condividerne il sentimento d’incertezza e disorientamento verso il proprio futuro.
Niko è indolente, disgustato forse dalla sua condizione, ma certamente non abbastanza per reagire. Figlio di un padre facoltoso che lo mantiene, Niko, pur percependo la necessità e l’urgenza di un cambiamento, è incapace di trovare da sé la strada da percorrere; o forse, la condizione familiare privilegiata gli impedisce una reale presa di coscienza; chi può dirlo? Ma un giorno il padre di Niko decide di tagliare il sostentamento al ragazzo bloccandogli l’accesso al conto in banca, proprio mentre ogni angolo della sua Berlino, in questa insospettabile giornata, sembra sbattergli in faccia tutta la sua inutilità. Forse il taglio dei viveri da parte del padre; l’incontro fortuito con un amore passato che gli riporta alla mente una sofferenza subìta; uno psicologo che gli somministra un paradossale test d’idiozia; o ancora, le confidenze drammatiche di un barbone e – non meno assurda – la strenua quanto vana ricerca di un normalissimo caffè per i locali di Berlino, rappresentano una beffa al grottesco immobilismo di Niko, l’avviso che il mondo continua a correre anche senza di lui. <<A volte senti che le persone attorno a te hanno uno strano modo di comportarsi, ma proprio quando pensi a tutto questo un po’ più a fondo, realizzi che non sono gli altri, ma sei tu il problema>> riflette il nostro, alla fine di questa lunga e forse non del tutto inutile giornata; una giornata che, forse, potrebbe aver cambiato finalmente qualcosa nella profonda rassegnazione di Niko.