Il Comune di Aprilia dovrà rimuovere il comandante della polizia locale Massimo Marini. Sul Concorso pubblico per il ruolo di comandante della Polizia Locale di Aprilia, in merito al ricorso in appello presentato dall’attuale comandante Massimo Marini, la Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza del Consiglio di Stato: il concorso era illegittimo. Marini, oltre ad abbandonare il suo ruolo, deve pagare 5,000 di spese. Fra l’altro la sentenza vanifica quanto messo in piedi nel 2006 dall’allora Giunta Santangelo.
La sentenza ovviamente induce a riflettere sulle scelte fatte a suo tempo dall’amministrazione comunale. I giudici della Sezione Quinta presso il Tribunale di Roma, riunitisi nel novembre 2013, avevano visionato gli atti della causa e ricostruito la vicenda del 2006: il decreto sindacale numero 78 conferì l’incarico ad un professionista privato per la realizzazione e la gestione di quattro concorsi per il reclutamento di figure dirigenziali a tempo indeterminato, tra le quali, quella del comandante dei vigili urbani.
Vinse il concorso proprio Massimo Marini. Solo che dopo la pubblicazione della graduatoria, il secondo “classificato”, Massimo Giannantonio, si era rivolto al Tar lamentando irregolarità nelle modalità di svolgimento del concorso.
Da lì una lunga vicenda giudiziaria che ha visto il reintegro di Giannantonio nel ruolo di comandante della Polizia Locale. Nel 2010, infatti, il Tar diede ragione a Giannantonio, nominato Comandante dal Sindaco D’Alessio. Poi l’ estromissione (il Consiglio di Stato annulla la sentenza del Tar) e, infine, la riassegnazione dell’incarico a Marini.
La Corte Suprema di Cassazione ha specificato nella sentenza che “l’appello deve essere dichiarato infondato” e che “deve in primo luogo essere condivisa l’impostazione seguita dal primo giudice, il quale ha ritenuto sussistente, nella specie, interesse ad impugnare gli atti di indizione del concorso e relativi alla sua regolamentazione”.
Critici i giudici anche nei confronti dell’amministrazione di Aprilia: “è inverosimile il fatto che un’amministrazione di dimensioni non minimali non sia in grado di gestire autonomamente un procedimento della delicatezza propria di un concorso pubblico”.
Dubbi anche sulla figura di Vincenzo Papadia, incaricato nel 2006 di predisporre i concorsi: “non è dato conoscere in realtà – scrivono i giudici – in base a quali elementi sia stato accertate il reale possesso di tali requisiti, oggi pesantemente messo in discussione anche in sede penale”.