Che ne pensa lei come Poliziotto dell’ius Culturae? “Facciamo un po’ di chiarezza: oggi i bambini e i ragazzi che vivono in Italia ma sono figli di genitori stranieri possono richiedere la cittadinanza solo al compimento del 18esimo anno d’età e solo se hanno risieduto nel paese “legalmente e ininterrottamente” dalla nascita. Oggi si vuole modificare questa norma, riconoscendo ai bambini nati e cresciuti in Italia che siano a tutti gli effetti cittadini italiani anche se figli di genitori stranieri, al compimento del dodicesimo anno d’età e che abbiano scompletato un ciclo di studi di cinque anni. Possiamo ben immaginare quale sia il grado d’integrazione che questi giovani avrebbero raggiunto in quanto continuano a vivere in famiglie che, storicamente e statisticamente, non sono assolutamente disposte ad integrarsi. Questa è a grandi linee è la premessa; adesso io mi chiedo perché dobbiamo obbligare un figlio di due stranieri a diventare italiano e non possiamo aspettare sei anni in modo che lo stesso possa decidere autonomamente facendo una scelta consapevole. La proposta mira a riconoscere un’uguaglianza di diritti. Oggi riconoscere gli stessi diritti ed ovviamente i doveri di cittadini Italiani a questi giovani stranieri nati in Italia, non credo che gli facciamo un piacere. In quanto l’automatismo nella cittadinanza è una limitazione dei diritti di chi la riceve. Infatti non tutti gli Stati ammettono la doppia cittadinanza, quindi se i genitori del minorenne beneficiato dallo ius culturae decidessero di tornare nella propria Nazione d’origine il loro figlio sarebbe considerato straniero nel Paese dei genitori”.
Questo riconoscimento italiano non migliorerebbe l’integrazione anche sotto l’aspetto della sicurezza? “Non penso che sia connesso. Come facciamo a non ricordarci che, dagli stranieri di seconda generazione sono arrivati gli stragisti musulmani, nel frattempo diventati francesi, belgi, tedeschi e che nonostante questo, hanno massacrato senza pietà bambini, donne ed uomini seminando il terrore in Europa: ricordiamo i casi di Berlino, Parigi, Barcellona, Nizza. Come possiamo dimenticare che alcuni di questi terroristi avevano vissuto nel Paese accogliente per antonomasia, cioè proprio in Italia e persino a due passi dalla Capitale. Non si regala la cittadinanza a chi pensa che si possa massacrare in nome di Allah, a chi pensa che si possa segregare una donna o prometterla in sposa a 10 anni ad un anziano. Non c’è spazio di italianità per questa turpe disumanità. Come sindacato di Polizia non siamo contrari all’accoglienza: le nostre braccia sono spalancate per coloro che ne hanno diritto, ma la cittadinanza non si regala, la si deve meritare con i fatti. In primo luogo il rispetto per lo Stato che ti ospita e per gli uomini in divisa che lo rappresentano”.