Si sono tenute questa mattina le celebrazioni commemorative organizzate dal Comune di Aprilia in occasione del 78simo anniversario dallo Sbarco Alleato.
Il Sindaco Antonio Terra ha deposto una corona d’alloro al monumento Il Graffio della Vita di Campo di Carne e si è poi recato presso il monumento dedicato al Tenente Eric Fletcher Waters e ai Caduti dello Sbarco Alleato in via dei Pontoni, località Buon Riposo, per poi recarsi in piazza Berlinguer a Campoleone dove il Comune di Lanuvio ha organizzato una piccola cerimonia.
Di seguito riportiamo le parole pronunciate dal primo cittadino, nel suo intervento a Campo di Carne.
“Buongiorno a tutti,
ben ritrovati in questo luogo così significativo per la storia della nostra comunità cittadina e del nostro territorio. Saluto le autorità civili, militari, religiose, le associazioni e le altre Amministrazioni comunali che con noi condividono questo percorso commemorativo, che abbiamo voluto istituire insieme qualche anno fa.
Quest’anno torniamo qui, di fronte a questo monumento inaugurato nel 2011, per ricordare il sacrificio di oltre 50mila soldati, che proprio in questa area, che dal mare arriva fino alla frazione di Campoleone, persero la vita a causa degli scontri bellici del 1944.
Lo sbarco degli eserciti alleati – perlopiù americani e britannici – il 22 gennaio del 1944, fu seguito infatti da quattro mesi di offensive e controffensive, scontri sanguinosi e bombardamenti che provocarono la distruzione della nostra Città. Accanto ai soldati, la guerra causò la morte anche di tanti civili, sia durante quei mesi che nelle settimane e negli anni che seguirono: gli eventi bellici, infatti, ebbero una lunga scia di povertà e miseria, di malattie e di morti, anche a causa delle ampie aree minate.
Questa città, nata sotto gli auspici della primavera, conobbe un lungo inverno. Un tempo difficile, senza dubbio. Ma anche un momento cruciale, in cui “la popolazione sopportò gli enormi disagi con grande spirito di sacrificio e si adoperò instancabilmente nella difficile opera di ricostruzione”, come recitano le motivazioni della Medaglia di Bronzo al Merito Civile, conferita alla nostra Città nel 2001.
Riguardare oggi le numerose fotografie di quei mesi, con i carri armati nel fango, che presidiavano la via Nettunense proprio in corrispondenza del ponte sulla ferrovia – qui dietro – ci fa solo immaginare cosa possano aver provato quei giovani, inviati qui a combattere da Paesi lontani.
Così come le immagini del centro urbano di Aprilia devastato, distrutto dalle bombe alleate. Se mettiamo a confronto quelle immagini con quello che è oggi la nostra Città, capiamo bene quanto Aprilia debba al lavoro instancabile degli uomini e delle donne del dopoguerra. Che non si sono lasciati scoraggiare da quello che vedevano con i loro occhi e hanno saputo ricostruire case, strade, edifici pubblici.
Anche quest’anno la nostra Città si trova in una situazione di ripartenza. Il Covid non è certo comparabile alla guerra: fortunatamente oggi non camminiamo tra morti e macerie. Eppure, è innegabile come gli ultimi due anni siano stati duri per tutti. Molti sono stati i danni al tessuto economico, sociale, culturale. Seppur in modo diverso, anche noi siamo chiamati ad uno sforzo e ad un impegno.
Cosa possiamo dunque imparare dai cittadini apriliani che seppero ricostruire da zero (e con pochissime risorse) la nostra Città?
Io penso essenzialmente due cose: innanzitutto lo spirito di servizio. Ancora oggi, quando purtroppo ci capita di salutare un pioniere che ci lascia, ci stupiamo spesso di scoprire solo in quel triste momento cosa ha fatto per la Città. Penso sia dovuto al fatto che nessuno di quegli uomini e quelle donne ha voluto riconoscimenti pubblici personali. Ognuno ha lavorato nell’interesse della collettività, senza protagonismi e senza recriminazioni. Uno sforzo importante per una comunità cittadina appena nata e formata da persone provenienti da luoghi e regioni anche molto distanti e diverse.
Il secondo insegnamento è invece la capacità di avere uno sguardo lungimirante. Di fronte alle macerie, quelle persone scelsero di rimboccarsi le maniche. Potevano lasciare questo territorio e una Città piccola e senza grandi tradizioni. Invece si fecero guidare dai legami instaurati e dall’intuizione che questi luoghi avrebbero potuto rappresentare un’opportunità per loro, per i loro figli e i loro nipoti.
Nel ripercorrere, dunque, queste tappe dolorose della nostra storia, mi piace augurare ad Aprilia e anche alle altre Città di questo territorio, di riuscire a far tesoro di queste virtù di ieri, perché possano esser per noi guida nell’oggi e nel domani.
Viva la pace dunque. E viva Aprilia.”
Annalisa Pommella