L’intervento del Sindaco Terra durante la celebrazione tenutasi stamattina presso il Liceo Meucci di Aprilia:
Buongiorno a tutti,
in questo tempo così inedito, ci ritroviamo per una celebrazione che fino allo scorso anno era una quasi una consuetudine. Il Coronavirus ha scombinato molte delle nostre certezze e tra di esse, anche la possibilità di radunarci per eventi che hanno a che fare con la nostra identità collettiva, con la nostra storia, con le nostre comuni radici.
Dobbiamo perciò esser lieti, oggi, anche se il tema di questa celebrazione non è certo un fatto piacevole e positivo. In questa giornata, infatti, facciamo memoria del conflitto armato che si è consumato proprio nel territorio che oggi abitiamo insieme. E delle vittime i cui corpi non furono mai consegnati ai propri cari.
Molti hanno paragonato la lotta contro il virus al conflitto mondiale. Anche ieri, parlando di fronte all’aula del Senato, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha giustamente fatto riferimento alla fase che si aprirà nei prossimi mesi, quando la pandemia sarà alle nostre spalle, paragonandola al secondo dopoguerra e alla ricostruzione.
Io credo però che vi siano anche delle differenze sostanziali, che dobbiamo sottolineare proprio in momenti come quello che stiamo vivendo oggi. La pandemia è certamente un fenomeno devastante, di portata mondiale: anche noi, come i nostri padri e i nostri nonni, oggi contiamo e ricordiamo i morti di questi mesi. Eppure, il virus rimane un elemento naturale che sfugge al nostro controllo. Per quanto molti sottolineino le relazioni tra la sua diffusione e elementi tipicamente umani come l’inquinamento atmosferico, è innegabile che lo scoppio della pandemia non sia stato progettato, non sia stato pianificato, né sia il frutto di scelte e fenomeni umani.
Così non è stato per la guerra che ha devastato il nostro territorio poco più di 75 anni fa. Quella guerra, che fu un sanguinoso scontro fratricida tra popoli vicini, oggi amici, fu il risultato di scelte ben precise, operate da regimi che fecero della violenza il loro tratto distintivo.
Parlare di violenza è oggi – purtroppo – estremamente attuale. Ce lo ricordano gli episodi tremendi cui abbiamo assistito nelle ultime settimane. Ad inizio mese, uno degli alunni dell’istituto dove ci troviamo oggi è stato vittima di un insensato gioco basato sull’esaltazione di un gesto di violenza. Ieri, la violenza di alcuni ragazzi su un loro coetaneo, ha spento una giovane vita, in una Città non lontana da qui.
Non ci si libera facilmente della violenza, insomma. E le guerre che ci appaiono un ricordo lontano possono sempre essere dietro l’angolo, se la nostra società non riesce ad elaborare degli anticorpi efficaci. In questo aspetto, la violenza ricorda il comportamento del virus.
Questa giornata e questo monumento, quindi, non potevano esser più eloquenti e più opportuni in questa precisa fase storica, per la nostra Città, per il territorio in cui viviamo e per il Paese intero. Ci ricordano cosa produce una cultura che si nutre di violenza. Non importa se essa sia frutto di una visione politica sbagliata, di un inespresso senso di rivalsa personale o sociale, oppure semplicemente della noia e della volontà di spingere più in là l’asticella di un presunto divertimento. La violenza è sempre un atto che produce ferite. Poche volte da quelle ferite è possibile guarire. Spesso, ci ritroviamo semplicemente a fare la conta delle vittime. A volte, quelle vittime possiamo esser noi, o i nostri amici, o le persone a cui teniamo di più.
Anche per questo, celebriamo questa ricorrenza in una scuola. Perché questo monito contro la violenza, tramandatoci dai nostri padri, possa esser un insegnamento per i ragazzi di oggi e di domani.
Insieme, possiamo e dobbiamo dire un no convinto alla violenza. È questo ciò che ci chiedono le vittime di ieri. Ma anche quello che ci chiede il mondo di domani, se vogliamo che sia all’altezza dei nostri desideri e delle nostre aspettative.
Grazie a tutti.