Anche l’azienda Fort Dodge Animal di Aprilia, attiva nella produzione veterinaria, è coinvolta nell’inchiesta aperta dalla magistratura sul presunto traffico internazionale di virus ed agenti patogeni. In particolare, si tratterebbe del virus dell’aviaria, la nota influenza di polli e volatili che allarmò il pianeta nel 2005 . I virus sarebbero stati inviati in plichi anonimi, senza nessuna autorizzazione e violando tutte le norme di sicurezza, per produrre vaccini, “con il rischio di diffondere l’epidemia”, come ha riportato il settimanale L’Espresso.
Ilaria Capua, nota virologa responsabile del Dipartimento di scienze biomediche comparate dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie (Padova), oggi anche deputata di Scelta Civica e vice presidente della Commissione Cultura alla Camera, è indagata dalla Procura di Roma per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, all’abuso di ufficio e inoltre per il traffico illecito di virus. Stessa accusa grava su tre manager della Merial.
Il marito della virologa Ilaria Capua, è indagato insieme ad altre trentotto persone in tutta Italia: proprio per questa ragione anche l’azienda di Aprilia è travolta dall’inchiesta in quanto l’uomo è un ex manager della “Fort Dodge Animal”.
L’indagine è condotta dal Nas dei carabinieri e dalla Procura di Roma. L’inchiesta è stata avviata prima negli Stati Uniti, grazie alla testimonianza, raccolta dagli investigatori americani, di Paolo Candoli, manager della filiale italiana di Merial. Da lì si è scoperto che i ceppi patogeni di aviaria venivano spediti illegalmente a casa sua in Italia e poi venduti ad aziende americane.
Successivamente la Homeland Security Usa ha trasmesso i documenti ai carabinieri del Nas. Tra i referenti più stretti di Candoli ci sarebbe stata proprio la virologa e deputata Ilaria Capua. I carabinieri, grazie ad intervettazioni telefoniche, hanno scoperto che la donna avrebbe fornito gli agenti patogeni in cambio di denaro. Ad oggi la virologa nega tutto.
Alla base di tutto quindi sembrerebbe esserci un business delle epidemie dettato da una strategia commerciale: aumentando il pericolo di diffusione delle malattie e i rischi per l’individuo, si indurrebbero le autorità sanitarie ad adottare provvedimenti d’urgenza, un affare ovviamente da centinaia di milioni di euro per le grandi compagnie farmaceutiche. Nelle pagine dell’inchiesta sono stati ricostruiti i retroscena sullo sfruttamento dell’allarme per l’aviaria nel nostro Paese, il panico che indusse il governo Berlusconi ad acquistare farmaci del valore di 50 milioni di euro, rimasti inutilizzati.
Melania Limongelli