Sono oltre 250 i reperti archeologici, recuperati dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma, nell’ambito dell’operazione “Lanuvium”.
Tutti i manufatti risalgono sia al periodo tardo repubblicano che imperiale dell’età romana.
Scandagliando il mondo dei “tombaroli” e degli appassionati di oggetti dell’antichità, l’attenzione delle Fiamme Gialle di Velletri si è concentrata su due donne di Lanuvio.
Nella propria abitazione, le due avevano allestito un piccolo museo privato, costituito da pezzi presumibilmente provenienti da scavi clandestini.
La “mostra” consisteva di colonne in peperino, bolli laterizi, diversi frammenti di lastre funerarie con iscrizioni, elementi marmorei decorati e frammenti di mosaico.
Ma c’erano anche vasi in terracotta e in ceramica in vernice nera, dalla raffinata decorazione a rilievo.
La maggior parte di questi vasi provengono dal sito archeologico di Lanuvio, conosciuto per i resti del santuario dedicato al culto di “Giunone Sospita”.
Proprio per questo erano da tempo oggetto di scavi clandestini.
Una volta conclusa la catalogazione dei reperti, la supervisione degli esperti della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Lazio ne ha certificato il loro notevole valore storico-artistico.
Tre persone sono state denunciate all’Autorità Giudiziaria di Velletri.
Il reato contestato è di detenzione illecita di beni archeologici di proprietà dello Stato.
I pezzi ritenuti di maggior pregio sono stati messi a disposizione della competente Soprintendenza per ulteriori approfondimenti scientifici.
Utili, in alcuni casi, a definire la corretta datazione storica.
di Massimo Pacetti