Insulti sulla linea Roma Termini-Nettuno

In treno senza biglietto e a insultare le passeggere: il controllore fa finta di nulla. La segnalazione di una giovane pendolare

Insulti e offese sul treno rivolti alle passeggere del vagone. E’ quanto capitato martedì sulla linea Roma Termini-Nettuno. A raccontare l’episodio, una giovane studentessa di Anzio.

La giovane pendolare ha ricevuto offese da un gruppo di ragazzi che viaggiavano a bordo del treno senza il regolare biglietto. Non solo nessuno all’interno del treno ha detto una parola in difesa della ragazza ma lo stesso controllore ha fatto finta di nulla. La cosa peggiore è che, una volta richiesto aiuto, il controllore l’ha incolpata dell’accaduto. A quanto pare, nel 2016, essere una donna a bordo di un treno è una colpa. Un vile episodio di maschilismo e menefreghismo raccontato da una giovane studentessa che si è sentita abbandonata e in pericolo proprio grazie all’unica persona che sul treno aveva l’autorità per difenderla.

Pubblichiamo qui di seguito il racconto della ragazza:

“Salve volevo mettervi al corrente di un fatto grave che è successo ieri, martedì 12, sul treno 12195 delle ore 20.42 da Termini.

Sono salita sul treno e, prima che partisse, sono arrivati una decina di ragazzi tra i 25 e i 30 anni che hanno iniziato a urlare e fare casino ancor prima di salire. Già urlare su quel treno a quell’ora è una grande mancanza di rispetto verso gli altri, il punto è che strillavano cose oscene, commenti e insulti a ragazze e donne che passavano, si vantavano di essere furbi perché riusciti a salire senza biglietto e facevano gestacci e altro del genere. Arrivata a Pomezia e dovendo scendere ad Anzio, decido di cambiare vagone perché la situazione non era più sopportabile e lo pensavamo tutti noi sul vagone, essendoci scambiati numerose occhiate di disprezzo.

Mi alzo, prendo il giacchetto e sento, sempre urlando, insulti molto offensivi che evito di scrivere rivolti a me. Mi giro verso il tizio e gli chiedo di smettere perché non era proprio il caso. Questo, spalleggiato dai suoi compari, mi invita ad andare da lui continuando a deridermi e insultarmi.

Nessuno della carrozza, un militare compreso, ha detto una parola in mia difesa. Prendo le mie cose e mi faccio tutto il treno cercando il controllore. Lo trovo solamente arrivata ad Aprilia, dove i cafoni scendono, il controllore era fermo all’ultima carrozza al telefono. Non si è mosso per l’intera durata del viaggio. Racconto l’accaduto e, dopo varie botte e risposte squallide da parte sua, mi dice e ripete più e più volte che “è colpa tua, sei tu che li hai provocati”. Ha detto inoltre, tra le altre cose, che lui non avrebbe potuto chiamare la polizia o fermare il treno perché aveva paura delle reazioni verso di sé da parte dei deficienti. Gli dico che secondo me loro non avrebbero dovuto viaggiare su quel treno perché se lui avesse fatto il suo lavoro avrebbe dovuto farli scendere dato che erano senza biglietto. Risponde che lui non sa se fossero sprovvisti di biglietto e, dopo avergli ripetuto che l’avevano urlato per 40 min non ha voluto credermi. Io dovevo, secondo il suo illuminante parere, scegliermi un vagone pieno e non provocare. Peccato che il mio vagone fosse pieno (di persone poco umane a quanto pare, ma pieno) e che io non abbia provocato, a patto che provocare significhi alzarsi e prendere il proprio giacchetto.

Io mi sono sentita sola e in pericolo e l’unica persona che avrebbe dovuto difendermi mi ha incolpato”.

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