Alla fine sono nove le persone in carcere ed una decima ai domiciliari, tutte originarie del capoluogo campano e di età compresa tra i 25 e i 60 anni. A carico degli indagati è stata comminata la misura cautelare elessa dal Gip del Tribunale di Latina dottoressa Castriota.
Si tratta, nello specifico, di Giuseppe Rizz, Salvatore Quindici, Antonio Bellobuono, Maria Rosaria Autore, Salvatore Pepe, Salvatore Merolla, Davide Mirra, Pasquale Caiazza, Adele Iannuzzelli (i nove attualmente in carcere) e Antoio Cigliano (agli arresti domiciliari).
Le indagini della Squadra Mobile pontina hanno preso in esame un arco temporale di circa dodici mesi, ricostruendo nel dettaglio un centinaio di furti commessi dal gruppo criminale, traendo origine da quello commesso a Latina presso l’abitazione di un professionista in data 15 ottobre 2017, a seguito del quale venne ucciso Domenico Bardi e ferito Salvatore Quindici, sorpresi dal figlio del padrone di casa che esplodeva svariati colpi di arma da fuoco mentre i predetti fuoriuscivano dal balcone dell’abitazione.
Fu quello l’unico “incidente” di percorso di una tecnica di razzia rodata che permetteva furti in abitazioni con la quasi certezza che, in quel momento, gli abitanti fossero fuori casa.
Due telefoni cellulari ed una carta postepay sequestrati in quell’occasione hanno infatti consentito, attraverso una sofisticata analisi del traffico telefonico e delle tracce telematiche della carta, di ricostruire il modus operandi del gruppo criminale, che si è rivelato assolutamente inedito.
Le vittime dei raid, infatti, venivano individuate per mezzo di visure delle targhe delle autovetture a bordo delle quali sopraggiungevano presso teatri o ristoranti, mediante accessi al portale dell’Aci con pagamento tramite postepay.
Si tratta di un gruppo ben collaudato, originario del Rione Traiano di Napoli, i cui componenti, specializzati nei furti in abitazione, colpiscono soprattutto nel corso dei fine settimana, effettuando vere e proprie trasferte criminali in numerose città dell’Italia centrale, dalla Campania alle Marche.
Grazie alle intercettazioni, all’analisi dei tabulati telefonici e delle transazioni che avvenivano con carte postepay intestate ad amici e conoscenti dei criminali, è stato accertato che Salvatore Pepe era il capo del gruppo, promotore delle attività criminali per la cui esecuzione si avvaleva della collaborazione degli altri sodali; Salvatore Merolla, Maria Rosaria Autore e Salvatore Quindici ricoprivano il ruolo di organizzatori, diretti collaboratori di Pepe nella pianificazione delle trasferte, prendendo essi parte alla maggioranza dei furti ed individuando le strutture ricettive dove alloggiare nel corso delle stesse.
Bardi e Bellobuono provvedevano, tra l’altro, ad effettuare le visure Aci nella fase esecutiva dei furti; le donne del gruppo (Maria Rosaria Autore e Adele Iannuzzelli), provvedevano ad accertarsi che nessuno fosse presente in casa, suonando al citofono prima del furto.
Rizzo e Cigliano, gli anziani del gruppo, oltre a fornire la disponibilità di autovetture appartenenti a prossimi congiunti, si occupavano del trasporto degli arnesi da scasso e della refurtiva, occultandoli all’interno di vani e doppi fondi creati ad hoc nelle autovetture.
Tutti i compartecipi all’associazione svolgevano alternativamente anche la funzione di palo nel corso dei raid.
In data 2 dicembre 2017, ad esempio, con la collaborazione delle Squadre Mobili di Pescara e L’aquila, venivano sequestrati a Rizzo, di ritorno dalle Marche, monili in oro per un peso complessivo di circa 1,5 kg, provento dei furti compiuti in provincia di Ascoli Piceno, occultati nel vano airbag di una Suzuky Ignis che, nel corso delle indagini, era stata sottoposta a pedinamento satellitare da parte degli investigatori.
I proventi dei furti venivano immediatamente ceduti ad un ricettatore di Napoli proprietario di due laboratori orafi nel quartiere Porto, che sono stati perquisiti unitamente all’abitazione dello stesso.
Nel corso dei furti ricostruiti dalle indagini sono state sottratte anche 6 pistole e 7 fucili, di cui uno a pompa, che sono stati certamente immessi nel mercato delle armi clandestine.
L’attività investigativa ha consentito di accertare che la banda colpiva quasi ogni fine settimana, ricostruendo un centinaio di raid, nel corso dei quali venivano asportati gioielli e valori per un ammontare notevolissimo, per cui è verosimile ritenere che gli indagati si siano resi responsabili di numerosi altri furti in appartamenti e ville, come evidenziato dallo stesso Gip nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.