E’ uscito a Maggio, il libro di esordio della giovane scrittrice Diandra Elettra Moscogiuri ed è già un piccolo successo. “Tequila Suicide” è un romanzo di formazione, narra di un ragazzo che ha tutto e che, per un piccolo errore, perde l’amore e inizia una lunga discesa verso il basso. Tequila Suicide affronta tantissime tematiche, come l’amore, la droga, l’omosessualità e l’amicizia. Noi di Sfera Magazine abbiamo rintracciato l’autrice a Milano e siamo andati a intervistarla.
1) Iniziamo dalla domanda che le faranno tutti: da dove nasce il titolo “Tequila Suicide”?
Trovarne uno è stata una vera Odissea! Il libro era pronto, ma non potevo mandarlo alla casa editrice senza avere almeno un titolo da proporre. Ero disperata, non avevo nessuna idea! Ma poi ho avuto un colpo di fortuna. Una sera ero a bere in un locale col mio fidanzato e i suoi amici, ma non stavo partecipando alla conversazione perché ero tutta presa da questa tragedia del “libro senza nome”. All’improvviso lui ha detto “Avete sentito parlare del Tequila Suicide?” e ha spiegato che cos’è. Si tratta di una specie di gioco che si fa quando si beve la tequila, solo che invece di berla normalmente, ci si spruzza il limone nell’occhio e si sniffa il sale. Questo nome mi è sembrato parecchio dinamico, e così ho pensato di usarlo. Esprime perfettamente quello che voglio dire, perché può essere una metafora del comportamento di Gideon, che si fa del male per gioco, stupidamente e senza rendersene conto.
2) Il protagonista del libro, Gideon, é un anti-eroe diciamo. Cosa l’ha spinta a creare questo personaggio?
Parte tutto dal nome: Gideone era un condottiero, nella Bibbia. Il mio Gideon, invece, è totalmente incapace di gestire la sua vita, quindi la mia scelta è dettata dall’ironia. Volevo raccontare la storia di un personaggio che nessuno può stimare, una persona che commette un errore dopo l’altro, pieno di elementi negativi come l’egoismo e la totale mancanza di cura verso gli altri. Insomma, mi sono immersa in un buco nero, raccontando un ego talmente marcio che si fa fatica quasi a crederlo possibile.
3) Perché la tematica omosessuale?
Ho provato a fare un esperimento: la mia narrazione non si ferma molto sulla consapevolezza dei ragazzi di essere gay, al contrario, ho trattato la loro omosessualità come se fosse la cosa più comune e banale di tutta la storia. Tutti i personaggi principali sono gay, tranne Noah che è bisex. Ma nella storia non importa niente a nessuno, insomma, i problemi sono altri. Ho provato a raccontare una storia proiettata in una realtà in cui l’omosessuale come “diverso” è un concetto talmente superato che non ne parla di più nessuno, perché vorrei che in futuro fosse così anche nella vita vera, e non solo nei libri.
4) La vera chicca di Tequile Suicide è il capitolo extra con la storia di Noah, il “cattivo” della situazione.
La mia parte preferita in assoluto! L’ho scritta un paio di anni dopo la prima stesura. All’inizio Noah doveva essere un concentrato d’odio e volgarità, ma poi ho pensato che sarebbe stato interessante dargli dei retroscena. In effetti anche io, mentre rileggevo la bozza, mi chiedevo come avesse fatto un ragazzo così giovane a diventare così spaventoso. E così gli ho dedicato un capitolo extra dove si scopre chi è davvero. Molti lettori hanno chiesto di scrivere un sequel tutto dedicato a lui, ma non penso di farlo. Tuttavia, ho trovato un altro modo per accontentarli, di cui però non posso ancora dire niente.
5) L’immagine in copertina è un suo disegno. Cosa rappresenta?
A dire il vero ho pensato alla copertina già quando Tequila Suicide era ridotto a poche cartelle word. Mi sono ispirata a una famosa foto di Macaulay Culkin, in cui guarda dritto nell’obbiettivo, con gli occhi scavati e un leggero sorriso impertinente, e sputa davanti a sé. Ho ridisegnato la scena in modo molto stilizzato, e l’ho conservata finché è arrivato il momento della pubblicazione. La mia idea è rimasta sempre la stessa fin dall’inizio: volevo rappresentare il concetto di sputare sulla propria vita, sul futuro che abbiamo davanti. Inoltre, non ho disegnato le pupille, perché Gideon non vede quello che è fortunato di avere. Quando l’ho proposta all’editore ne è stato entusiasta e ha deciso di farne la copertina ufficiale.
5) I suoi disegni fanno parte dei suoi progetti futuri?
Ho iniziato a disegnare dopo una frase del mio professore di Regia: “Se non sai disegnare non troverai mai lavoro in campo artistico”. Avevo diciannove anni. Così mi sono buttata in un mondo nuovo, e devo dire che è stato un esperimento piacevole. Amo disegnare con la matita e in digitale, ma soprattutto dipingere. Penso che sia davvero utile, e ne ho avuta dimostrazione già con l’occasione del libro.
Non so se mi cimenterò mai nel graphic novel, ma sicuramente non metterò mai da parte questa passione.
6) Altri romanzi in programma?
Sì, nei prossimi anni pubblicherò un altro libro, che per ora di certi ha solo il titolo e i primi due capitoli. Il resto è ancora una bozza. Si tratta di un noir, la storia di sette persone attorno a cui aleggia un mistero. Lo avevo ideato molto prima di Tequila Suicide, ma penso che questo nuovo libro abbia bisogno di una me molto più matura della ragazzina che ero quando ho scritto TS, così ho preferito metterlo da parte per il futuro. Dopo di che, non penso che mi occuperò più di romanzi, perché mi interessa molto il cinema. Avevo detto che non ne avrei parlato, ma non sono per niente capace di tenere le cose per me. Sto collaborando con uno sceneggiatore per fare di Tequila Suicide un film, ma per ora è stata ideata solo la prima scena.
Per me la trasposizione cinematografica è la cosa più bella che possa accadere a un libro, tanto che mentre scrivevo il mio, immaginavo già che ne derivasse una sceneggiatura. E sono davvero felice del riscontro positivo che sta avendo.
7) Cosa consiglierebbe a un aspirante scrittore?
Di leggere, leggere tantissimo. Libri famosi, non famosi, vecchi, nuovi, auto pubblicati: di tutto. La varietà e la curiosità nella lettura sono gli ingredienti fondamentali per questo mestiere. Chi dice di non leggere ma di scrivere soltanto si preclude tantissime possibilità. E poi, di dare molta importanza al parere degli altri: fate leggere le vostre opere agli amici, ai parenti, ai conoscenti. Fatevi dire cosa ne pensano e fate tesoro dei loro suggerimenti. L’arte è fatta da tutti, non da una sola persona. Tenere uno scritto a prendere polvere nel cassetto e poi spedirlo a caso è la cosa peggiore da fare.
8)Quanto c’é di “suo” in Tequila?
Più di quanto io stessa voglia ammettere. Vengo da un posto in cui il traffico di droga ha il potere di insinuarsi anche dove non lo si direbbe mai: ecco perché parlo di questo ragazzo che ha tutto, ma nonostante sembri essere inserito in un ambiente prestigioso, ha conoscenze poco raccomandabili e questo avviene sotto gli occhi di tutti. La droga, la morte, i pericoli sono a un palmo dal nostro naso e non se ne accorge nessuno, nemmeno la madre di Gideon.
Assunta Manfredino