Era il 22 febbraio di 25 anni fa, quando a Marino calcarono le scene italiane, per l’ultima volta, i Nirvana. Ad aprile dello stesso anno, il leader indimenticato Kurt Cobain, scomparve prematuramente, suicida.
Il fenomeno Nirvana era esploso in tutto il mondo, e con esso il genere grunge, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, consacrato dall’album Nevermind, che fece varcare alla band di Seattle i confini del mondo intero. Il concerto romano, o meglio di Marino, rappresentò uno dei testamenti del gruppo, che da terzetto era intanto diventato un quartetto per rendere più robusto il sound costituito essenzialmente da un muro di chitarre distorte e da una ritmica essenziale di basso e batteria.
Un’ora e venti di spettacolo senza interruzione, con i brani considerati classici, quelli di Nevermind e soprattutto l’inserimento in scaletta dell’ultimo disco della loro carriera tanto clamorosa quanto breve, “In utero”, conclusosi come nella tradizione del punk rock con una distruzione del set. I fan del rock non dimenticano questa data simbolica per la musica internazionale che sbarcò in Italia.