L’Italia ha formalmente istituito la giornata commemorativa, nello stesso giorno, alcuni anni prima della corrispondente risoluzione delle Nazioni Unite (2005): Il 27 gennaio è diventato dunque, dall’istituzione nel 2000 della Giornata della Memoria, con la legge 211, una delle date topiche del calendario civile, in Italia e nel mondo. Essa ricorda le vittime dell’Olocausto, delle leggi razziali e coloro che hanno messo a rischio la propria vita per proteggere i perseguitati ebrei, nonché tutti i deportati militari e politici italiani nella Germania nazista.
Anche quest’anno, nonostante ancora l’emergenza Covid, particolarmente punitiva nei confronti dei giovani, l’Anpi “Vittorio Arrigoni” ripropone alla riflessione della cittadinanza e degli studenti il tema delle responsabilità di una tragedia che forse non ha pari nel mondo e su cui è certamente utile ritornare, anche alla luce degli accadimenti presenti perché il dovere di ricordare quello che è accaduto nella nostra civile Europa (sì, nell’Europa del progresso scientifico e delle Arti!) ci impegna anche singolarmente a costruire relazioni umane e strumenti rivolti al Bene comune, alla Pace e al Diritto.
Patrocinata dal Comune di Aprilia, la nostra iniziativa, che abbiamo voluto intitolare: “La memoria non si ferma”, si compone di due momenti importanti: una Mostra fotografica e artistica presso la sala Manzù dal 23 al 27 con opere dei Maestri Antonio de Waure (e la sua scuola) e di Vitaliano Fortunio; un Convegno in Aula Consiliare nella mattinata di Giovedì 27 ( con collegamento on – line per gli studenti) al quale parteciperanno ospiti importanti.
“Le parole d’odio non restano a lungo senza conseguenze. Sta a noi impedire che l’orrore si ripeta” fu un passaggio del discorso del Presidente Mattarella in occasione della Giornata della memoria dell’anno passato.
Nei campi di sterminio nazisti non morirono solo ebrei, da millenni odiati. Secondo le stime a essere uccisi furono tra i 12 e i 17 milioni di persone: c’erano anche prigionieri di guerra sovietici, polacchi, rom, sinti, disabili, omosessuali, testimoni di Geova, dissidenti politici, slavi.
Un mondo di diversi, di esclusi, di avversari, di impuri che nulla avevano a che fare con una cultura diffusa nella prima metà del Novecento (ereditata dall’ottimismo positivistico): una società ordinata e moderna, razionale e nazionalista. Categorie tutte considerate di razza inferiore e reiette che andavano corrette, punite ed estirpate dalla società per evitare che contagiassero gli ariani. L’ideologia nazionalsocialista di Hitler diede corpo a questo progetto terrificante. I Testi di Zygmunt Bauman e di Hannah Arendt (rispettivamente “Modernità ed Olocausto” e “La banalità del male”) sono ancora lì ad illuminarci.
Le considerazioni suesposte di Mattarella non sono considerazioni di circostanza purtroppo. La Pandemia ha messo a nudo le debolezze della nostra economia, l’abbandono del quadro di riferimento della moralità pubblica, il ritrarsi della Politica, l’inefficienza della sanità, i ritardi della scuola nell’attività formativa, ma soprattutto ha esasperato gli animi, ha indebolite le relazioni sociali, ha spento nelle nuove generazioni la speranza nel futuro.
Una riflessione seria, non superficiale, sulle cause di quella immane tragedia ci può suggerire un livello di attenzione e di sensibilità necessarie ad impedire che l’odio e l’esclusione possano prevalere in questa nostra già fragile Democrazia.”
Annalisa Pommella