“Giornata della Battaglia di Aprilia”, le perplessità dell’ANPI

Posizione dell’ANPI sull’istituzione della “Giornata della Battaglia di Aprilia”.

ANPI esprime, attraverso un comunicato stampa, la sua posizione sull’istituzione della “Giornata della Battaglia di Aprilia”. “Avevamo– scrive- inizialmente espresso parere favorevole, come ANPI, alla istituzione di una giornata che ricordasse il grande contributo di sangue e distruzione pagato dai cittadini in quei mesi che vanno dal Gennaio al Maggio 1944, dopo lo sbarco degli angloamericani e il tentativo da parte degli occupanti tedeschi e dei fascisti di bloccarne l’avanzata.

Avevamo solo chiesto al Consiglio comunale, al Sindaco, al Presidente in una lettera del 23 Luglio 2012 protocollata con il numero 59602 che, nei lavori della Commissione si sarebbe dovuto tenuto conto per prima cosa che nulla doveva essere sottratto alla festività della giornata nazionale del 25 Aprile e che, per amore della storia, affinché la ricorrenza avesse senso logico, valore didattico ed etico, si sarebbe dovuto aggiungere, secondo noi, alla parola “Liberazione” (prima ipotesi proposta) la specificazione “dal nazifascismo”. Molte città italiane, dal Sud al centro- nord, infatti, hanno istituito la giornata del ricordo della Liberazione dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista sia che essa sia avvenuta grazie all’esercito alleato sia che essa sia avvenuta grazie alla lotta partigiana o anche, in molti casi, all’azione sinergica delle due forze.

Anche i cittadini di Aprilia finalmente e, soprattutto, le future generazioni, avrebbero potuto riflettere sugli esiti nefasti di una dittatura che, come ci insegna la memoria storica, non può non produrre violenza, privazione della libertà, distruzione e morte, anche quando si presenta con il volto del padre benefattore, come dalle nostre parti.
E invece accadde l’incredibile. Ciò che avvenne in aula consiliare il 31 Gennaio 2013, a conclusione dei lavori della Commissione, provocò sconcerto anche tra coloro che avevano partecipato alle riunioni. Il Consiglio comunale votò all’unanimità (con la sola astensione dei Consiglieri Giovannini e Longobardi ) la delibera che istituiva la Giornata della battaglia di Aprilia che cadrebbe, secondo i proponenti, il 28 Maggio (’44). A parte ogni altra considerazione di carattere strettamente storico sulla veridicità della data a rappresentare un dramma che durò oltre quattro mesi con continui e sanguinosi capovolgimenti di fronte, una semplificazione incomprensibile ai più, la semplice dicitura “della battaglia”, così completamente nuda di qualsivoglia indizio di riferimento, così accuratamente distillata da ogni qualsiasi implicazione politica, apparve il parto di una regia impegnata a cancellare la memoria storica di una comunità, a diffondere l’idea che le guerre siano eventi naturali come i terremoti da esorcizzare con cadenze annuali attraverso cerimonie laiche di popolo dal forte valore salvifico, capaci peraltro, così si è anche detto, di costituire, per le nuove e future generazioni, un “altissimo” insegnamento. Mai più battaglie ad Aprilia, dunque. Onore ai caduti, a tutti. Ricordo che, a una domanda di un consigliere se bisognasse intendere a trecentosessanta gradi quel “tutti”, l’assessore alla cultura candidamente rispose: si, a tutti, ai tedeschi, ai fascisti, al battaglione Barbarigo, agli anglo – americani, ai civili, proprio a tutti, in un abbraccio universale.

Ora, davanti alla morte siamo tutti uguali, si dice, e questo è vero, ma, bisogna aggiungere, le differenze negli ideali in vita, questo conta; le differenza tra chi combatteva contro i fascisti repubblichini e i tedeschi invasori e chi invece, per un malinteso senso dell’onore, si schierava per far sopravvivere i peggiori totalitarismi di tutta la storia non solo d’Europa, ci sono tutte e vanno sempre ricordate. Anche da noi. Possiamo continuare a sopportare il pregiudizio di appartenere a una comunità nata grazie alla magnanimità di un Padre fondatore e vissuta negli anni coltivando un mito delle origini che ci tiene legati ad una eterna fedeltà ad un passato che ci fa essere ciechi davanti al tribunale della storia? Allora lo ripetiamo. La città di Aprilia e dintorni hanno subito danni materiali e umani immensi, come altre città italiane, a causa di una dittatura che con l’alleato tedesco aspirava a dominare il mondo secondo i principi razziali ( si ricordino le leggi razziali del ’38). In quella guerra si decideva la conquista della Libertà e della Democrazia. E certo, non erano stati gli angloamericani, che pure ebbero qualche responsabilità, a scatenarla, la guerra.

Si era dunque partiti con la proposta di “Giornata della liberazione”, senza specificazione, a cui noi avevamo risposto con un cauto: “no”! Poi, forse perché “Liberazione” sembrava troppo compromettente, monca e avrebbe sicuramente risvegliato l’automatismo della domanda: da chi?, si decise di passare a una nuova proposta (seconda ipotesi di lavoro) che in un primo momento appariva la più conciliante: la “Giornata della pace”, per la gioia di chi coltiva l’ideale della memoria condivisa e il superamento della dicotomia fascismo – antifascismo. Ma anche questo espediente apparve ben presto inaffidabile, troppo leggera ed eterea la parola “Pace”, e soprattutto corrotta (forse anche politicamente compromessa). Infine, ecco la trovata della II Commissione, “sentite” le Associazioni combattentistiche ed altre di non ben precisa origine e collocazione: se proprio si deve ricordare la storia di Aprilia in quei mesi così drammatici del ’44 ed evitare qualsiasi “fraintendimento” la si chiami “La Giornata della battaglia di Aprilia”, dicitura così virile, decisa, e soprattutto “assolutamente priva di implicazioni politiche”. Il 31 Gennaio 2013 la genialata trovò il consenso soddisfatto dell’intero Consiglio comunale… e due astensioni (il PD), per non far mancare la ciliegina sulla torta.

Ora sì che i giovani potranno, ogni anno, il 28 Maggio, sentirsi orgogliosi di appartenere ad un grande passato, potranno ammirare il Museo delle armi e delle divise, assistere festosi alle sfilate dei veicoli militari, ascoltare i generali sul tema delle strategie offensive e difensive degli eserciti contrapposti, fermarsi a riflettere nei nostri spazi verdi sulla bellezza e potente meccanica delle armi lì collocate. Un sicuro guadagno culturale! E se poi a qualcuno verrà in mente di chiedere: perché la guerra? Per quali interessi combattevano gli eserciti? Cos’è una dittatura? Beh, questi sono dettagli… meglio non sapere“, conclude.

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