Non si placano le polemiche sul progetto “Prossima Apertura” del quartiere Toscanini, circa la raffigurazione nei murales di uno dei pregiudicati che hanno minacciato i carabinieri:
“A volte sarebbe più elegante tacere o limitarsi a chiedere scusa, che continuare ad accampare scuse per difendere l’indifendibile. Il progettista di “Prossima Apertura” che ha voluto fare delle precisazioni sul caso del murale poi rimosso e difendere l’impostazione del progetto, pare non aver capito questa lezione.
Radical chic e figlio di ben altri ambienti rispetto a quelli di cui parliamo, probabilmente il progettista appartiene ad un mondo troppo lontano per comprendere fino in fondo quello che succede a Toscanini. Spenti i riflettori, tutti i cittadini per bene che partecipano attivamente al progetto, si rintanano nelle case, spesso hanno paura di uscire di casa, sia perchè temono il rischio che le stesse vengano occupate, sia perchè temono per la propria incolumità. Senza un serio lavoro di coinvolgimento e condivisione, che andava fatto a priori, il progetto finisce solo per abbellire la superficie dietro la quale si nascondono problemi di ogni sorta. Toscanini resta una realtà difficile, popolata da personaggi che non meritano i riflettori ma vanno isolati e la responsabilità è anche di una politica miope, che non vuole vedere i problemi o che cerca di scaricarli sugli altri. Lo esprime chiaramente il sindaco, quando dichiara che l’origine di molti problemi va ricercata nell’arrivo delle case popolari di Roma.
Se come afferma il progettista l’incidente è insito nel progetto di riqualificazione e partecipazione nato per non escludere nessuno a priori, allora ne emergono chiaramente tutti i limiti e l’impostazione si è rivelata fallimentare. Se al contrario si è trattato di un effetto collaterale non prevedibile, sarebbe stato più costruttivo non difendersi ma limitarsi a chiedere scusa, non a noi, ma ai cittadini. Dubitiamo che se ci fosse stato il coinvolgimento dei cittadini a 360° i progettisti non sarebbero venuti a sapere nulla su chi stava collaborando con loro. Il fatto che avessero anche in mano le liberatorie con tanto di nomi e cognomi di chi dava la disponibilità alla pubblicazione delle foto, ci lascia allibiti: vorrebbe dire che chi amministra, qualora non a conoscenza di cosa stava accadendo, non ha neppure pensato di esercitare le sue funzioni di controllo. Il risultato paradossalmente è stato veicolare un messaggio negativo e deviato e le istituzioni, tanto più in un quartiere così difficile, non possono permettersi questo lusso.”
F.Z.