“Giù le mani dal Francioni”. Così cita uno striscione apparso sugli spalti dello stadio del Latina Calcio durante il match contro il Napoli. Negli anni la società latinense è cresciuta, arrivando lo scorso anno a sfiorare la Serie A. L’emblematico caso del Francioni, potrebbe riguardare uno dei tanti esempi di una politica ingarbugliata e di una gestione amministrativa non del tutto trasparente. La situazione avrebbe così danneggiato i tifosi e soprattutto la comunità intera; il calcio da sempre sinonimo di aggregazione, di festa e di orgoglio per la città, si ritrova a fronteggiare un problema serio: la capienza.
Lo spiega in un comunicato il Presidente dell’Associazione Rinascita Civile, Damiano Coletta:
“Credo che, sulla vicenda del Francioni, i primi a doversi sentire legittimamente truffati siano i tifosi, in quanto tifosi e soprattutto in quanto cittadini. È facile scadere nella demagogia quando si parla di calcio.
Se ci limitiamo al solo aspetto sportivo, quello vero, quello del campo, la squadra di calcio della città, al di là dei giudizi e delle opinioni sulla gestione, rappresenta da sempre un momento di aggregazione e di orgoglio per la comunità.
Ed è indubbio che andare allo stadio dovrebbe essere un’occasione di incontro, di festa, in nome dei sani valori dello sport; il mio auspicio è quindi che si possa trovare al più presto una soluzione positiva al problema della capienza dello stadio, naturalmente nel rispetto delle regole, e mi sembra che su questo aspetto il Commissario Barbato si sia positivamente attivato.
Tutti facciamo fatica a capire come abbiano potuto portarci alla situazione ingarbugliata in cui ci troviamo.
Di sicuro è mancato il rispetto delle regole e dell’etica pubblica, e il problema dello stadio a questo riguardo è solo uno dei numerosi esempi. Di conseguenza, è mancato il rispetto per il cittadino, come ormai accade nella nostra comunità da tanto, troppo tempo.
Credo che la vicenda dello stadio Francioni, con i suoi intrecci e risvolti, sia l’ennesima espressione della torbida gestione dell’amministrazione della nostra città, figlia della malapolitica e del perseguimento di interessi personali a danno di quelli della comunità. Figlia di una classe politica che ha inequivocabilmente fallito.
Il commissariamento è diventato un’abitudine, l’esito ineluttabile e fisiologico di una gestione basata su un compromesso al ribasso, interessata al potere personale ed al soddisfacimento di interessi particolari a scapito del bene comune.
Con il periodo di gestione di un funzionario prefettizio si tende a far dimenticare le origini dei guasti che sono sotto gli occhi di tutti, inscenando una pantomima dove si confondono cause ed effetti, dove chiunque abbia amministrato può presentarsi come salvatore della patria, fidando sulla memoria corta dell’elettorato.
Le stesse persone che hanno governato per anni si sentono ora vittime delle precedenti malamministrazioni e si sforzano di manifestare discontinuità rispetto al passato, cioè rispetto a loro stessi, in un processo di dissociazione.
Attori e spettatori si confondono nella stessa squallida rappresentazione, purtroppo una replica di situazioni già viste ma che forse stavolta il gentile pubblico potrebbe mostrare di non apprezzare più.
È su questo terreno che si giocherà la prossima partita: sulla capacità dei cittadini di conservare la memoria, di rialzare la testa e di mandare a casa chi ha clamorosamente fallito. Numerose indagini in corso da parte della Procura interessano inquilini del palazzo comunale, questo non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo.”
“Il ‘cambio di destinazione d’uso’ è stato lo strumento principe del malaffare nella nostra città, come rilevato dallo stesso Questore, con il suo corollario di favori e voto di scambio.
Ci hanno lasciato una città svuotata, priva di identità, dove non si ricorda neanche più il significato di ‘decoro urbano’, vittima del malaffare e delle sue collusioni; questo non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo.
C’è una comunità priva di iniziative a sostegno della cultura, nonostante un grande fermento diffuso che chiede spazi e occasioni di incontro.
Si avvicina il momento delle scelte. Si può continuare a credere alle favole ed alle promesse, ai voti di scambio, alle grandi opere incompiute che generano solo buchi di bilancio. Fumo negli occhi per nascondere i propri traffici, indifferenti non solo ai principi etici, ma forse anche alle norme di diritto (e di questo è giusto che si interessino le autorità preposte, senza processi di piazza).
Dall’altra parte c’è il sogno di una città ‘normale’, dove etica e legalità siano di casa, dove siano centrali i diritti di tutti e non i privilegi di pochi. È la città del Bene Comune.
Per chiudere una lunga fase oscura e voltare pagina occorre scegliere di stare dalla parte di chi rispetta le regole, di chi pensa in termini di ‘noi’, di chi ha capacità di vera rappresentanza politica perché ha una sua storia personale che la certifica, di chi vuole migliorare anche con lo strumento della trasparenza, annullando le distanze tra il ‘palazzo’ e la città, spalancando le porte alla partecipazione attiva dei cittadini, trattando i cittadini stessi da protagonisti e non da sudditi, dando loro spazi ed occasioni di incontro, ripristinando le semplici regole del rispetto per il bene comune, affinché tutti si sentano parte della stessa comunità.
È arrivato il momento di guardare avanti, cercando di uscire dalla mediocrità, senza turarsi il naso né girandosi dall’altra parte o cedendo alla rassegnazione, ma tenendo gli occhi bene aperti.
Nei momenti di crisi bisogna ripartire dalle piccole e semplici cose: il decoro urbano, l’attenzione per gli ultimi, le condizioni di crescita per i giovani.
Bisogna rialzare la testa, scegliendo consapevolmente da che parte stare, senza alibi né appartenenze ormai superate, ma semplicemente sostenendo le buone idee e le buone persone capaci di realizzarle nei fatti.
Senza perdere la dignità e la speranza.”
Damiano Coletta, Presidente Ass. Rinascita Civile, ribadisce il concetto di rinascita popolare prendendo spunto da una frase citata dal più grande fisico della storia e filosofo tedesco, Albert Einstein: “L’unica crisi pericolosa è la tragedia di non voler lottare per superarla…”.
Melania Orazi