“Il nostro comitato da 11 anni si batte per tutelare il diritto di mobilità dei pendolari delle province a sud di Roma. Siamo nati da una insurrezione civile perché vittime di una linea ferroviaria indecente. Le nostre iniziative, come la class-action contro gli infiniti disservizi determinati da Trenitalia/RFI, finita con un vergognoso verdetto di non ammissibilità, o le nostre manifestazioni e i continui solleciti agli organi competenti, non sono bastate a evidenziare il disagio che ogni giorno vivono migliaia di lavoratori” – così in una nota il Comitato Pendolari FR8.
“Oggi, in piena emergenza Covid, non solo non abbiamo visto ancora un bullone dello sbandierato raddoppio della nostra vetusta linea, ad unico binario dal 1850, pianificato in era Polverini e pomposamente rilanciato da quello che doveva propinarci la “cura del ferro”, non solo non abbiamo visto il dovuto adeguamento del servizio a fronte di un maggiore utilizzo da parte dell’utenza, con il più volte richiesto raddoppio del cadenzamento orario feriale ed un incremento del servizio festivo e notturno, ma oggi ci ritroviamo privati anche dei treni ad 8 carrozze, faticosamente ottenuti, ritrovandoci ammassati in treni a 6 o 7 carrozze” – proseguono i cittadini.
“Negli anni abbiamo perso servizi essenziali come l’acqua pubblica nelle stazioni, i servizi igienici, le biglietterie, i capistazione, gli addetti alle ordinarie manutenzioni e, fatto ancora più grave, le fermate di Torricola e Pomezia. Quest’ultima di importanza vitale perché centro industriale che ospita migliaia di lavoratori provenienti anche da Aprilia, Anzio e Nettuno, che oggi sono privati della possibilità di utilizzare il treno o costretti a cambi estenuanti a Campoleone” – concludono i Pendolari.
“Ci chiediamo cosa stiano facendo la Regione, il MiMS e il Governo rispetto a tutte le interrogazioni ricevute, l’ultima delle quali di pochi giorni fa, presentata dal Parlamentare e Pendolare Marco Bella. Chiediamo coerenza su ciò che viene decantato sul mainstream e azioni concrete per il miglioramento del servizio, nonchè sull’affollamento ben oltre l’80%, determinato dalla riduzione dei vagoni, contravvenendo a quanto disposto dal DPR 753/1980, a discapito della sicurezza a bordo dei trasportati, visto che un treno affollato non solo non permette alcun utile distanziamento per difendersi dal virus, ma nemmeno la possibilità, per il personale di sicurezza di bordo, di attraversare in fretta i vagoni per recarsi laddove occorresse intervenire in caso di emergenza”.
Annalisa Pommella