L’era dell’immigrazione dei nostri nonni per lavoro sta tornando più forte di sempre. La grande fuga degli italiani all’estero non si ferma. Secondo i dati dell’Aire (l’uffici del ministero degli Interni che registra i trasferimenti dei cittadini in altre nazioni), i flussi migratori sono aumentati del 19 per cento, un dato che fa seguito all’incremento del 30 per cento comunicato nel 2012. Ma il dato più impressionante riguarda il trasferimento degli italiani verso la Gran Bretagna, specialmente Londra, per lavoro. E di apriliani ce ne sono tanti. Le decisioni che invogliano i nostri concittadini a partire non solo sono legate alla voglia di viaggio, di spostamento da un luogo all’altro per conoscere ed apprendere culture diverse, ma sono strettamente legate all’impossibilità di cogliere i frutti dopo anni di studio e gavetta nel nostro paese natio. Dunque, ci pongono di fronte ad un bivio, dove da un lato c’è scritto impegno, lavoro e guadagno; dall’altro c’è scritto gavetta, impegno al massimo, sopravvivenza. La fatidica scelta di partire è quasi una costrizione. La voglia d’ indipendenza e di non gravare sul bilancio famigliare ed essere additati come nulla facenti, ci spinge a prendere una decisione che rammarica molto, ma dall’altro lato stimola.
Stimola perché un paese estero come la Gran Bretagna consente di frequentare l’università in maniera costruttiva, senza affanni, corsi specialistici post laurea, lavorando nel frattempo e rimanendo al passo con gli esami. In Italia tutte queste cose sono improponibili. Ovviamente, c’è sempre l’altro lato della medaglia: le tasse sono molto care, i servizi pubblici idem ma sono nettamente migliori; la disponibilità dei professori è ineguagliabile; la vita è migliore e migliorabile. E non solo, chi parte per Londra soprattutto, non è intenzionato nel breve periodo a ritornare. Ci spiega una nostra lettrice: “La vita a Londra è dinamica e stimolante; il tempo passa in fretta e non ci si annoia mai (c è tutto per tutti a qualsiasi ora del giorno); l’ opportunità di studiare e lavorare anche part time. Il mio percorso lavorativo mi ha dato tante soddisfazioni, negli ultimi 5 anni ho ricoperto svariate posizioni nell’ ambito alberghiero a partire dalla lava piatti, barista, cameriera, receptionist, agente di prenotazione e Front Office Trainer; ho conosciuto tante persone che mi hanno trasmesso tanta positività e coraggio di andare avanti sia a scuola che in ambito lavorativo attraverso giudizi e consigli costruttivi. Inoltre – continua M. M. – sono riuscita a laurearmi in Scienze del Turismo all’ Università di West London con la sicurezza di farlo entro i 3 anni. Ho trovato subito tanta professionalità ed opportunità di crescita nell’ ambito lavorativo: incentivi, percorsi di affiancamento, contratto a tempo indeterminato, pagamenti mensili assicurati, e un aperto dialogo con Manager e Direttori. Noi apprendisti possediamo e soprattutto ci spingono a dire la nostra, come la pensiamo su una certa situazione, ci confrontiamo con culture diverse e sopra di tutto ci pongono un’ invidiabile stabilità lavorativa e opportunità di lavorare su progetti futuri”. Leggendo attentamente tra le parole è possibile trovare quel pizzico di entusiasmo, di tranquillità per il futuro che contraddistingue gli italiani all’estero; sono sensazioni sconosciute in Italia. La voglia di tornare non nasce nella testa dei viaggiatori: la paura di fare ritorno in una realtà che giorno dopo giorno sta diventando invivibile.
Melania Orazi