Ormai è rimasto solo il padre a cercare di prendersi cura di sua figlia affetta da disturbi della sfera emozionale.
Eppure, secondo quanto stabilito dal Tribunale, sono i servizi sociali ad essere affidatari della sua custodia fino al compimento dei 21 anni.
“Ma in realtà – afferma ormai sfiduciato il signor Ingletto – mia figlia è stata abbandonata“.
Una storia difficile quella della ragazza apriliana, che ad agosto compirà proprio 21 anni.
Nata con un lieve ritardo cognitivo emozionale, la giovane ha vissuto dopo la separazione dei genitori una vita non adatta a lei.
Rimasta incinta all’età di 14 anni, la bambina da lei partorita è stata data in adozione.
“E questo – secondo suo padre – l’ha portata solo a peggiorare.
Il suo ritardo cognitivo è diventato medio: invece di aiutarla se ne sono disinteressati, e questi sono i risultati”.
Il Tribunale, dopo questo episodio, aveva disposto l’affidamento ai servizi sociali, affinché le cure della ragazza fossero affidate, appunto fino ai 21 anni, a strutture adeguate, con un alto grado di assistenzialità.
Nonostante ciò, la ragazza ha sempre trovato il modo di fuggire dagli istituti in cui veniva ricoverata, e in cui il padre ha a volte riscontrato cambiamenti incongruenti nella terapia farmacologica.
Quando poi fu disposta l’assistenza domiciliare, questa si limitava a due visite al giorno di mezz’ora ciascuna.
“Poi – ricorda il padre – mi fu detto che era scaduta l’assicurazione della macchina di chi veniva ad occuparsi di lei.
E quindi l’assistenza fu sospesa”.
Solo nella struttura di Formia, dove attualmente si trova, la giovane sembra essere riuscita a trovare un po’ di serenità.
Ma ormai i termini decisi dal Tribunale stanno per scadere.
Suo padre comunque non si arrende, e chiede che sua figlia venga aiutata, ma stavolta nel modo giusto:
“In uno degli ultimi incontri che ho avuto con i medici – racconta – mi sono sentito dire che ormai siamo quasi ai 21 anni, quindi il loro compito è quasi finito.
Non posso accettare che chi è preposto alla tutela e alla cura dei malati se ne lavi le mani.
Se nessuno mi aiuta, non so cosa ne sarà di mia figlia dopo il termine dell’affidamento.
Il mio è un appello a tutte le Istituzioni perché si mobilitino ognuna nel proprio ambito di competenza.
Aiutatemi a prendermi cura di mia figlia”.
di Massimo Pacetti