Oltre il reale: gli elaborati vincitori del Concorso 2018

Iniziamo oggi la rassegna dei racconti scritti dagli studenti che sono stati premiati al Concorso di Scrittura Creativa 2018

Come ogni anno, Sfera Magazine propone ai suoi lettori gli elaborati premiati al Concorso di Scrittura Creativa.

L’edizione 2018 aveva per tema “Oltre il reale: racconti ad occhi aperti”.

Iniziamo la rassegna con il secondo classificato della Categoria A, Gabriele Suardi della scuola Deledda ed il suo testo “Il violino e la rosa”:

“Era una sera d’estate molto tranquilla: non si sentiva il rumore assordante delle macchine né l’odore fastidioso dello scarico delle marmitte; siamo quindi usciti, la mia famiglia ed io, come di consueto, a fare una passeggiata verso il parco principale della città. Proprio lì incontrai i miei compagni di scuola, Lucrezia e Carlo, con i loro genitori.

Tra una risata e l’altra, era giunta l’ora di ritornare a casa.

I miei amici se ne erano già andati; mio padre ci propose di recarci nella nota gelateria che era proprio lì accanto, per trascorrere una mezz’oretta a gustare un buon gelato. Lo facevamo spesso.

Ci avviammo, contenti di quell’idea, ma … in men che non si dica, una fitta nebbia avvolse la gelateria: non si riusciva a vedere oltre.

Eravamo molto curiosi di sapere cosa stesse succedendo: la tentazione di avvicinarci era forte, però, preferimmo proseguire nel verso opposto e ritornare a casa.

Quella notte, andai a letto pieno di domande, da non riuscire quasi a dormire: mi era rimasta la curiosità di conoscere l’origine misteriosa di quella nebbia.

Mi girai e rigirai tra le lenzuola per un po’, finché presi una decisione.

Mi feci coraggio.

Aprii la finestra pian piano, per non farmi  sentire dai miei genitori; indossai una leggera giacca sopra il pigiama; scavalcai il basso davanzale e mi avviai deciso di scoprire cosa avesse causato quella nebbia.

Le ciabatte! Ai piedi calzavo le ciabatte!

Non potevo tornare indietro, rischiavo di essere scoperto.

Giunsi nei pressi della gelateria: quella strana nebbia l’ avvolgeva ancora. Sinceramente avevo un po’ di timore, ma, io sono un tipo molto curioso: m’inoltrai in quella fitta incertezza.

Già dopo due passi non vedevo più nulla: ero circondato da quella nube fredda. Dovevo allontanarmi.

Camminai più in fretta, per quel che mi consentivano le ciabatte, non proprio comode; oltrepassai la gelateria.

La nebbia era sempre fitta e fredda.

Mi fermai di botto: davanti a me c’era un enorme cancello di ferro battuto, alto quasi come un camion. Notai che era arrugginito in molte parti; al centro, la serratura era molto grande e da essa partivano dei rami con alcune foglie dorate qua e là: quel cancello sembrava un albero spoglio.

Pensai fosse il cancello di un palazzo appartenente a qualche nobile.

Lo aprii senza fatica, anche se era enorme e pesante: cigolò rumorosamente. Avanzai lentamente con un po’ di ansia: davanti a me non c’era un palazzo, ma una casa imponente con tante finestre verdi, tutte uguali e al centro della facciata, un enorme portone.

Avanzai per un piccolo viottolo, in mezzo ad un giardino trascurato: l’erba mi arrivava alle spalle e pezzi di legno secco erano abbandonati qua e là, ma quella grande casa con tutte quelle finestre illuminate, in quell’oscurità, era uno spettacolo!

Giunsi davanti al portone: era enorme e molto impolverato. Mi avvicinai, e notai che scolpiti nel legno, vi erano: in alto un violino e in basso una rosa.

Il portone si spalancò da solo, senza che io lo spingessi: pensai che qualcuno mi avesse visto e mi avesse aperto.

Entrai timoroso.

Notai subito un ambiente ricco di mobili massicci, di legno pieno: davano un tocco fine ed elegante all’ambiente. Alle pareti, moltissimi ritratti; uno mi colpì più di tutti perché raffigurava una graziosa donnina, non tanto giovane e un uomo alla sua destra con capelli e baffi neri.

Forse erano i padroni di quella casa.

Una musica dolce di violino avvolse quel luogo: io la seguii e mi ritrovai nella sala più grande di quella casa. Nella parete di fronte spiccava un enorme camino di marmo bianco, dove erano stati scolpiti un violino e una rosa. Sovrastava il camino, un grosso specchio con la cornice dorata. Mi specchiai, ma la mia immagine non apparve riflessa, anzi,  notai che quello specchio non rifletteva nulla.

Proprio in quel momento una vocina mi salutò.

Mi girai con un sorriso.

Finalmente qualcuno!

Di fronte a me c’era la dolce vecchina del ritratto, di là da un tavolo di legno, lungo quasi quanto l’enorme salone; su quel tavolo, con movimenti lenti, disponeva piccoli gelati di diverso gusto: versava con delicatezza la crema negli stampini e in ognuno infilava uno stecco di legno. Notai che sopra ogni stecco c’erano incisi: un violino e una rosa. Nel gelato al gusto di pistacchio, infilava uno stecco verde – pistacchio; nel gelato al gusto di limone, infilava uno stecco giallo – limone, e così via, con molta pazienza.

Mi avvicinai: aveva il viso rugoso e le mani le tremavano un po’, ma lei con molta bravura eseguiva il suo lavoro. Si fermò solo un attimo, per andare verso un enorme frigorifero; al suo passaggio lo specchio rifletté la sua immagine e ciò mi turbò. Dal frigorifero prese due piccoli gelati e me li donò; uno era al gusto di pistacchio e l’altro al gusto di amarena: i miei preferiti.

Clara, così si chiamava, mi permise di aiutarla nel suo lavoro.

Quando mi resi conto che era giunta l’ora di tornare a casa, la salutai e uscii: mi disse che sicuramente ci saremmo incontrati di nuovo.

Mentre tornavo verso casa, notai che la nebbia era scomparsa: la serranda chiusa della gelateria, ora, era ben visibile.

Mi affrettai a scavalcare il davanzale della finestra della mia cameretta, ancora aperta, mi tolsi la giacca e m’infilai finalmente tra le lenzuola.

Forse caddi subito nel sonno perché non ricordo il momento in cui mi addormentai.

Al mattino, quando mi svegliai, pensai: “Che bel sogno ho fatto questa notte!”

Dopo qualche giorno, durante la solita passeggiata verso il parco, papà propose di andare a gustare un gelato, proprio nella gelateria che quella sera era avvolta dalla nube. Non era la prima volta che ci recavamo lì, ma solo quella sera notai che nei vetri della porta d’ingresso c’erano incisi: in alto un violino e in basso una rosa.

Entrai.

Ordinai un cono ai gusti di pistacchio e di amarena: mentre lo gustavo, mi accorsi che quei gusti avevano lo stesso sapore dei gelati di quella notte.

Prima di andar via, nella parete sopra la vetrina delle torte, notai il ritratto di Clara, la dolce vecchina che era stata molto gentile con me.

Chiesi al proprietario:

– E’ la vecchina che abita nella grande casa dietro la pasticceria?

Il gelataio mi disse che la vecchina del ritratto era sua nonna, morta dieci anni prima. Da lei aveva ereditato quella gelateria che era una delle più antiche e frequentate della città. Sua nonna gli aveva confidato tutti i segreti per fare quegli ottimi gelati.

Quella sera, confuso, tornai a casa: tolsi la giacca prima di andare a letto e … dalla tasca caddero due stecchi, uno di colore verde – pistacchio e l’altro del colore dell’ amarena.

In ogni stecco c’erano incisi un violino e una rosa.

Ancora adesso, dopo molti anni, non so spiegarmi ciò vi ho raccontato”.

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