Sono trascorsi 72 anni dall’apertura dei cancelli dei campi di concentramento e di sterminio, e le testimonianze dirette di ciò che accadde in quei luoghi diminuiscono sempre più.
Il 27 gennaio 1945 i russi entrarono ad Auschwitz.
È quella la data scelta universalmente per ricordare l’immane tragedia dell’Olocausto durante la Seconda Guerra Mondiale.
Solo dopo quell’evento fu possibile constatare quanto venisse barbaramente effettuato dai nazisti al loro interno.
Vero è che nel corso degli anni poco si è parlato delle centinaia di lager sparsi in tutta Europa.
In quei luoghi vennero imprigionati e morirono circa 6 milioni di persone per motivazioni non solo razziali o religiose.
Un numero che si avvicina a quello degli ebrei uccisi nel folle piano studiato dall’ideologia nazista.
Grazie alle testimonianze di alcuni deportati raccolte dall’Associazione “Un ricordo per la pace”, tutti noi abbiamo la possibilità di comprendere aspetti meno noti della deportazione.
L’Associazione apriliana, a partire dal 2011, ha realizzato diversi video-documentari con testimonianze di ex deportati non ebrei.
Tra questi, anche alcuni cittadini apriliani.
I filmati sono disponibili gratuitamente per gli Istituti di Istruzione.
Ma anche per cittadini che ne facciano richiesta all’Associazione.
Per contenuti e immagini sono adatti ad un pubblico di qualsiasi età.
La Presidente Elisa Bonacini descrive l’importanza di ricordare questa iniziativa nel Giorno della Memoria:
“Poco nel corso degli anni si è parlato delle centinaia di lager sparsi in tutta Europa.
Dove vennero imprigionati milioni di persone per motivazioni non razziali o religiose.
Circa 6 milioni di persone non ebree morirono in quei campi.
E moltissime ne morirono dopo la liberazione, a causa delle malattie contratte in prigionia.
I prigionieri morivano a causa di maltrattamenti, di carenze nutrizionali e igieniche che favorirono l’instaurarsi di diverse patologie.
Tra cui in particolare il tifo e la tubercolosi.
O sfiniti anche dalle condizioni disumane del lavoro coatto per l’economia nazista.
Tra questi – ricorda la Bonacini – vi erano anche gli Internati Militari Italiani (IMI).
I nostri soldati che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, per fedeltà alla Patria rifiutarono di continuare la collaborazione con la Germania.
Pertanto furono catturati e deportati nei lager, costretti a lavoro coatto.
È bene quindi che si ricordino tutte le vittime della barbarie nazista.
E non solo nel Giorno della Memoria.
Mi rivolgo in particolare alle Istituzioni, alle Scuole, a chi riveste il ruolo educativo dei nostri giovani.
Perché è ai giovani che è affidato il futuro della nostra memoria.
Sta alle nuove generazioni essere custodi di quanto tramandato, anche attraverso le testimonianze degli ultimi sopravvissuti.
Non solo un giorno per ricordare, ma 365 giorni l’anno per impegnarci e lottare contro stupidi pregiudizi ed ogni tipo di discriminazione religiosa, razziale o sessuale.
Si insegni ai giovani, a partire dalle famiglie, il rispetto della vita umana, la capacità di confrontarsi e di chiarirsi pacificamente.
Solo attraverso tali valori condivisi può crescere la speranza di un mondo più giusto e solidale, senza più guerra”.
di Massimo Pacetti