Dott.ssa Valentina Alfonsi Manager Eco-Logic
Dopo tanta confusione sulla definizione di acqua potabile in questi ultimi anni, centinaia di persone continuano a farsi la stessa domanda: l’acqua del rubinetto si può bere? Cerchiamo di fare chiarezza. Con la Direttiva Europea 98/83/CE, recepita in Italia solo nel 2001, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stabiliva delle linee guida sui parametri di qualità delle acque potabili. Dodici anni e molte deroghe dopo, i cittadini di 91 comuni del Lazio si ritrovano a dover prendere l’acqua potabile dalle “case dell’acqua” montate nelle piazze, perché l’acqua che arriva dai loro rubinetti e che pagano profumatamente non rispetta i limiti imposti dall’OMS.
Le concentrazioni di Fluoro, di Boro e di Arsenico nell’acqua della nostra regione sono ancora oggi fuori controllo. Ma cosa sono queste sostanze e perché non riusciamo ad eliminarle?
Il FLUORO è un elemento ampiamente presente nelle falde acquifere del Lazio, tanto che spesso le acque di pozzo ne contengono anche 10 mg per litro. È molto usato in odontoiatria per combattere le carie ed è un componente di molti alimenti di uso comune, come il tè. Questo elemento non è essenziale per il nostro corpo, tanto che rimanendo nel limite consentito dalla legge (tra 0,9 e 1,5 mg/l), con un’incidenza del 12-33 %, si hanno effetti negativi sullo smalto dei denti e fluorosi dentali. Concentrazioni più alte (10-14 mg/l) possono portare anche a fluorosi scheletrica patologica grave, in alcuni casi anche paralizzante. L’OMS, nella IV ed. delle linee guida per la qualità delle acque potabili, scrive: “in alcune aree con alti livelli di fluoro naturale nell’acqua potabile, i valori guida possono essere difficili da raggiungere con la tecnologia di trattamento ad oggi disponibile. Grandi forniture tendono a fare affidamento a processi che usano alluminio attivo o trattamenti avanzati come l’osmosi inversa.” Il BORO è presente nelle acque sotterranee principalmente come risultato di lisciviazione di rocce e terreni. Il contenuto di boro nelle acque può aumentare a seguito di scarichi di acque reflue che vanno a contaminare le falde acquifere. Il valore guida stabilito dall’OMS è di 2,4 mg/l. È stato dimostrato che l’assunzione di questo elemento attraverso l’acqua e il cibo, anche per brevi periodi, comporta diversi problemi quali lesioni testicolari e problemi di sviluppo degli organi riproduttivi maschili. L’ARSENICO è l’elemento presente nell’acqua più tristemente noto nella nostra regione: molto diffuso nelle aree vulcaniche, è stato classificato come elemento cancerogeno certo di classe 1. Nelle nostre acque, l’arsenico arriva in forma inorganica, la più tossica. L’OMS stabilisce che la sua concentrazione nelle acque potabili deve essere al di sotto dei 10 mg/l, sottolineando che “il valore di riferimento specificato è designato come provvisorio”, proprio per via della difficoltà di rimozione di questo metallo. L’esposizione all’arsenico comporta nell’uomo diversi effetti, dalle meno gravi lesioni cutanee, quali iperpigmentazione e ipopigmentazione, alle neuropatie periferiche, cancro della pelle, della vescica, del polmone e malattie vascolari periferiche. L’OMS conclude: “deve essere fatto ogni sforzo per mantenere le concentrazioni [di Arsenico] al livello ragionevolmente più basso possibile – e consiglia – vari processi di filtrazione possono essere utilizzati nel trattamento delle acque potabili. Con una corretta progettazione e funzionamento, l’osmosi inversa può in alcuni casi essere l’unico trattamento efficace.” Fonte: Guideline for Drinking-water Quality – World Health Organization (fourth edition)