Il termine di Life Skills viene generalmente riferito ad una gamma di abilità cognitive, emotive e relazionali di base, che consentono alle persone di operare con competenza sia sul piano individuale che su quello sociale.
In altre parole, sono abilità e capacità che ci permettono di acquisire un comportamento versatile e positivo, grazie al quale possiamo affrontare efficacemente le richieste e le sfide della vita quotidiana.
Le competenze che possono rientrare tra le Life Skills sono innumerevoli e la natura e la definizione delle Life Skills si possono differenziare in base alla cultura e al contesto. In ogni caso, analizzando il campo di studio delle Life Skills emerge l’esistenza di un nucleo fondamentale di abilità che sono alla base delle iniziative di promozione della salute e benessere di bambini e adolescenti.
Il nucleo fondamentale delle Life Skills identificato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è costituito da 10 competenze:
consapevolezza di sé, gestione delle emozioni, senso critico, gestione dello stress, capacità di prendere buone decisioni e risolvere problemi, sviluppare empatia e creatività, comunicare in maniera aduguata, e avere relazioni efficaci.
Chiediamo l’intervento del Dott. Giuseppe Di Maria Dott. in Psicologia dello Sviluppo, dell’Educazione e del Benessere e Consulente in Sessuologia Clinica, per comprendere meglio l’importanza dell’argomento.
Dott. Di Maria, le abilità di cui parliamo non dovrebbero svilupparsi in maniera autonoma nell’individuo?
“La risposta è ‘ni’. In realtà quello che condiziona lo sviluppo delle “abilità per la vita” è l’interazione. Vi possono essere due grossi ostacoli al corretto sviluppo di modalità operative virtuose:
Perché l’OMS sta incoraggiando l’insegnamento di queste attività?
“Le life skills possono considerarsi delle “vitamine psicologiche” che ci preservano da problemi di adattamento ai cambiamenti del corso di vita. Un approccio individualista genera a lungo andare disturbi di varia natura e questo è confermato dall’aumento esponenziale di forme di disturbi somatoformi, depressivi e ansiosi, con picchi di attacchi di panico e fobie. Spesso tale deriva avviene inconsapevolmente e, specie nella cultura europea, si evita il ricorso allo psicologo, se non dopo problemi conclamati.”
Le life skills vengono considerate elementi essenziali per la crescita di tutti i bambini e degli adolescenti, non è un intervento finalizzato soltanto a coloro che già sono a rischio o che hanno già problemi. In ragione di questa dimostrata importanza, la soluzione ottimale sarebbe quella di introdurne l’insegnamento a tutti i livelli scolastici.
Se l’insegnamento dei life skills può contribuire all’instaurarsi di un comportamento sano, di relazioni interpersonali positive e al raggiungimento del benessere mentale, tale insegnamento dovrebbe idealmente essere attuato in giovane età, ancor prima che si vengano ad instaurare modelli comportamentali negativi.
La scuola è sicuramente un luogo appropriato per l’introduzione dell’insegnamento delle life skills, poiché si ha accesso su larga scala a bambini ed adolescenti, si hanno a disposizione educatori esperti (gli insegnanti), per l’alta credibilità che la scuola riveste nei riguardi dei genitori e della comunità e per possibiltà di una valutazione a breve e a lungo termine.
In che modo avverrebbe l’acquisizione di tali capacità?
“Occorre prevedere, in fase di formazione, lo sviluppo di modalità operative attraverso un atteggiamento positivo verso se stessi e gli altri, in modo da preservare il nostro equilibrio psicologico di fronte ai cambiamenti. I programmi scolastici dovrebbero prevedere lo sviluppo delle life skills.”
Qual è la tipologia di lavoro che verrebbe proposta?
Intensificare il dialogo, il rispetto per gli altri, ma anche l’esposizione delle proprie idee in mezzo altre persone e lo sfogo delle frustrazioni in modalità idonee ad evitare forme aggressive e controproducenti.
Sappiamo che i migliori esiti preventivi di modelli comportamentali negativi si ottengono con un’educazione precoce.
Qual è l’età migliore per intraprendere questo tipo di formazione? (Se c’è un’età migliore).
“I programmi didattici individuano la fascia 11-14 anni come la più idonea per l’acquisizione delle life skills, ma si potrebbe già operare alle scuole elementari con idonei programmi dedicati.”
Il programma completo dei “life skills”, introdotto a metà degli anni ’80, si è sviluppato in Inghilterra, in Canada, in Australia e negli Stati Uniti; in 6 anni si è allargato ad altri 30 Paesi, adattando i programmi alle esigenze del posto. Ben poche innovazioni educative o nuovi programmi si sono estesi di paese in paese tanto rapidamente come questi programmi di insegnamento di “life skills”.
Com’è la situazione nelle scuole italiane?
Pessima. Siamo troppo ancorati a programmi istituzionali classici. Negli ultimi 30 anni vi è stata una rivoluzione interattiva con pochi pregi e molti difetti, che purtroppo, salvo alcuni casi particolari, non è stata compresa dalle istituzioni scolastiche italiane. I cosidetti “nativi digitali” sviluppano un’interazione fredda ed egoista, perfino il bullismo è diventato cibernetico preservando la stessa dose di crudeltà. Nei casi migliori si è introdotto lo psicologo nelle scuole secondarie, ma, a mio avviso, la maturazione delle life skills deve cominciare molto prima.
Ringraziamo il Dott. Di Maria per averci aiutato a comprendere meglio l’importanza delle Life Skills, concludendo direi che rimane un punto fondamentale quello dell’educazione dell’individuo per migliorare la società in cui viviamo e soprattutto impegnarsi non solamente ad insegnare, ma aiutarlo a trovare le cose dentro se stesso.
Alessia Locicero