L’obesità infantile è un problema di notevole rilevanza sociale. Il fenomeno è il risultato di un bilancio energetico positivo protratto nel tempo: in pratica si introducono più calorie di quante se ne consumano. In Italia la prevalenza è passata dall’1,6% nel 1951, al 12,5% nel 1986 e ad una percentuale di circa il 20% in età scolare nel 2002. L’iperalimentazione nei primi due anni di vita, oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose, determina anche un aumento del loro numero; da adulti, pertanto, si avrà una maggiore predisposizione all’obesità ed una difficoltà a scendere di peso o a mantenerlo nei limiti, perché sarà possibile ridurre le dimensioni delle cellule, ma non sarà possibile eliminarle. Tra tutte le conseguenze dell’obesità, le più frequenti sono rappresentate dai disturbi di tipo polmonare (affaticabilità del respiro, apnea notturna ed asma), e di tipo ortopedico. Intervenire durante l’età evolutiva è quindi di fondamentale importanza, perché dà la garanzia di risultati migliori e duraturi.
Circa il 40% dei bambini obesi è destinato ad essere obeso in età adulta, ma la percentuale sale al 70% per gli adolescenti obesi. L’obesità dipende da diversi fattori. Su di una predisposizione genetica agiscono fattori metabolici, nutrizionali, comportamentali ed ambientali. Alcuni fattori ambientali coinvolti nello sviluppo di obesità possono così essere sintetizzati:
-abitudini di vita e di alimentazione dei familiari: genitori sedentari e che seguono un’alimentazione con elevato apporto calorico più facilmente avranno figli pigri e obesi;
– scarsa disponibilità dei genitori a favorire una vita attiva e la pratica sportiva;
-aumento dell’uso di bibite analcoliche dolci e gasate come sostituzione all’acqua;
-solitudine dei bambini che trascorrono molte ore in casa soli.
I bambini obesi generalmente non consumano la prima colazione, tendono ad assumere alimenti nel pomeriggio e alla sera e spesso non in occasione dei pasti principali; preferiscono l’assunzione di zuccheri, proteine e lipidi di origine animale rispetto a proteine e lipidi di origine vegetale, fibre, verdura e frutta. L’obesità andrebbe preferibilmente trattata in età pediatrica in quanto il trattamento in età adulta risulta più complicato, si riduce il rischio che il bambino obeso diventi un adulto obeso (tale fattore aumenta con l’età del bambino), inoltre, poiché l’obesità rappresenta un fattore di rischio per malattie degenerative (in particolare ipertensione e diabete) il trattamento precoce è sicuramente preferibile. Attualmente nel trattamento e nella prevenzione dell’obesità sempre maggior valore viene dato non solamente all’attività sportiva quanto ad una vita “attiva”. Infine, una recente rassegna effettuata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, si è conclusa stabilendo l’esistenza di una chiara relazione fra l’inizio dell’obesità e il rischio dello sviluppo di forme cancerogene. La prima regola per evitare il possibile rischio di obesità è PREVENIRE.
Dott.ssa Chiara Cevoli
Biologo Nutrizionista
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