“Non mangio la pizza perché non la digerisco” oppure “La pizza mi piace ma tutte le volte mi mette pesantezza: saranno i condimenti?“: quante volte avrete sentito pronunciare frasi simili da amici e conoscenti?
Il campione del Mondo di pizza a taglio, Federico Visinoni della pizzeria Strapizzami di Aprilia, ci spiega quando una pizza è davvero digeribile.
Il fattore digeribilità di un impasto è argomento purtroppo ancora poco dibattuto e sul quale non si sa tanto: sembra che la maggior parte delle persone accetti con rassegnazione l’idea di scolarsi 2 litri di acqua dopo aver mangiato una pizza o passare la notte con un senso di pesantezza costante sullo stomaco.
Per fortuna non è sempre così, perché esistono pizzerie che lavorano con metodo e criterio per evitare che le pizze sfornate abbiano la digeribilità di un mattone refrattario. Da cosa dipende quindi la buona digeribilità di un impasto?
Il primo fattore da prendere in esame è quello dello sviluppo dell’impasto e delle percentuali utilizzate al suo interno. Ma a volte anche con un ottimo impasto si può incappare in una cattiva cottura: pizze ancora crude con un corredo di lieviti parzialmente attivi che continuano la loro attività fermentativa una volta ingeriti. Questo può accadere quando si ha la sfortuna di incappare in pizzaioli poco accorti che sbagliano le cotture o ancora peggio il tipo di impasto, appunto: è qui che incrociamo il concetto di maturazione.
In rapporto diretto con la lievitazione, la maturazione è un punto cardine per un impasto digeribile: esiste un range di tempo per una maturazione corretta (come abbiamo spiegato in questo articolo) e, di conseguenza, per una pizza che non affatichi la digestione.
Una volta che un impasto non maturo è ingerito, il sistema digestivo trova elementi complessi sui quali lavorare, al contrario di quanto avverrebbe con un impasto maturo, dove il lavoro è semplificato grazie alla presenza di aminoacidi e zuccheri più semplici.
Purtroppo i tempi lavorativi stretti e (a volte) anche la mancanza di professionalità portano a prediligere tempi di lavorazione corti con impasti fatti dalle due alle quattro ore prima di essere serviti al pubblico.
Ogni farina ha delle precise caratteristiche reologiche: la reologia è una scienza che spiega i comportamenti ed equilibri della materia quando esposta a determinate condizioni e sollecitazioni.
Nel caso della farina esistono dei test di laboratorio che analizzano le caratteristiche della stessa in fase di impasto per poter creare una scheda tecnica che, grazie ai valori espressi, permette ai professionisti di scegliere il giusto prodotto per le varie lavorazioni.
Per illustrare in maniera semplice l’importanza della farina per la digeribilità di una pizza è necessaria una piccola premessa tecnica: ogni singola farina ha una sua forza e, una volta a contatto con l’acqua, sviluppa una precisa attività enzimatica che influenza il suo comportamento nell’impasto durante le fasi di lievitazione.
Elementi costituenti fondamentali della farina sono amidi e proteine: gli amidi sono carboidrati costituiti da catene di zuccheri, mentre le proteine sono formate da catene di aminoacidi. Come già spiegato, gli enzimi iniziano la loro attività quando la farina viene a contatto con l’acqua: a questo punto l’amido è attaccato da enzimi (chiamati alfa e beta amilasi) che aggrediscono letteralmente i suoi granuli producendo zuccheri semplici; questi zuccheri successivamente serviranno anche da nutrimento per i lieviti.
Le proteine invece, grazie agli enzimi proteasi, subiscono una riduzione in aminoacidi più semplici: le reazioni enzimatiche che riguardano amidi e proteine si sviluppano in tempistiche che possono variare in base alla tipologia di farina, all’idratazione dell’impasto e alla sua temperatura. L’utilizzo di farine con forza errata contribuisce quindi alla scarsa digeribilità.
altro fattore fondamentale (oltre alla selezione accurata di farine) per avere un impasto altamente digeribile, è la quantità di lievito che un pizzaiolo utilizza per far maturare il suo prodotto. Si possono scegliere farine accurate, usare farine, come nel nostro caso di SOIA, INTEGRALI, di GRANO DURO, ma se non si usano le giuste dosi di lievito, il nostro impasto non sarà mai digeribile. Tanti pizzaioli non professionisti pensano che per avere una maggiore maturazione bisogna mettere più lievito al nostro impasto, no, non è così. Usando poco lievito, veramente percentuali irrisorie, ed allungando la nostra lievitazione possiamo raggiungere gli stessi risultati, in termini di alveolatura ed avere un prodotto cento volte più digeribilie.
Tanti parlano di lievito, di farine, di cotture, ma si scordano un ingrediente fondamentale e assolutamente determinante, che è l’acqua. Usare tantissima acqua nel nostro impasto ci permette di avere un alveolatura ed una idratazione che non possiamo trovare in nessun impasto, anche se a lunga lievitazione.
L’acqua, poi, va a formare il 50% dell’impasto, e cosa c’è di più digeribile dell’acqua? La risposta ci sembra ovvia.
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