Il 2016 si sta per concludere con un rialzo intorno al 6,5% per i prezzi dell’oro, che si aggirano in queste ultime sedute poco sopra i 1.130 dollari l’oncia.
Eppure, il primo trimestre di quest’anno era stato il migliore dal 1986, avendo segnato un guadagno del 16%.
E dopo il referendum sulla Brexit, agli inizi di luglio il metallo esibiva un’impennata delle quotazioni di circa il 29-30%, in scia ai timori per le tensioni geopolitiche.
Da allora, però, si è registrato un tonfo del 17%.
Subendo una decisa accelerazione con le elezioni USA, che gli analisti avevano previsto di tutt’altro esito e con conseguenze molto diverse per l’oro da quelle che si stanno palesando in queste ultime settimane dell’anno.
Cos’è accaduto in questo 2016 per ottenere un andamento così erratico dei prezzi?
Ricordiamoci com’era iniziato quest’anno.
Timori su un eccessivo rallentamento dell’economia cinese, quotazioni del petrolio schiantatesi ai minimi dal 2003 e fino ai 25-30 dollari di gennaio, stretta monetaria negli USA sospesa e attesa per il referendum sulla Brexit.
Queste vicende hanno tenuto banco fino all’estate, quando è accaduto l’impensabile.
Ovvero che la maggioranza degli elettori britannici abbia effettivamente votato per uscire dalla UE.
Le tensioni sono state meno forti delle attese, grazie alla buona reazione dei mercati finanziari, tutto sommato non di panico.
Fatta eccezione per la prima seduta successiva al voto.
Le quotazioni auree sono rimaste elevate per le settimane successive.
Perché nel frattempo l’attenzione mediatica si spostava sulle elezioni USA.
Dove la vittoria di Donald Trump veniva considerata improbabile, ma eventualmente rischiosa per l’economia mondiale.
di Anna Catalano