Musica che cura le piante

MUSICA CHE CURA LE PIANTE
Ogni forma di vita, animale o vegetale, vive meglio quando è circondata da amore, affetto, cura….e musica.

L’uso della musica non è da tempo limitato all’ambito umano. La musica classica è utilizzata in alcune stalle e allevamenti di ovaiole per aumentare il benessere degli animali e quindi la produzione. Ma c’è di più: alcuni scienziati affermano che anche le proteine «cantino» e siano in grado di reagire a determinati brani musicali.
«Tutto è vibrazione»: partendo da questa affermazione, Joel Sternheimer (studioso di origine francese)e i suoi collaboratori sono arrivati ai principi e alle applicazioni della musica delle proteine: le proteodie. La base di questi studi sono le «frequenze in serie» o «risonanze su più livelli». In parole semplici, ad ogni proteina corrisponde una melodia specifica costruita a partire dalle onde emesse dagli amminoacidi che la compongono. Si tratta di frequenze in serie perché queste onde sono capaci di una comunicazione con tutti i livelli dell’organismo: i diversi livelli di organizzazione della materia.
Già in Canada, durante gli anni sessanta, esperimenti di laboratorio misurarono gli effetti della musica sulle piante, sottoponendole a toni diversi.

Esposizione a musica “heavy metal” fece inclinare le piante nella direzione opposta, mentre musica classica cullò le piante verso la fonte del suono. Ma nel caso di musica devozionale indù – e le canzoni di Ravi Shankar in particolare – i gambi volsero in eccesso di 60º in orizzontale, forse l’angolo più rilevante che sia mai stato riprodotto dall’uomo. Gli ulteriori esperimenti all’ Università di Annamalai, applicando canzoni devozionali indiane, generarono effetti supplementari: il numero di “stomata“(Stomati: piccoli “buchi” nelle foglie che, permettendo l’evaporazione dell’acqua da una pianta, producono un movimento verso l’alto dell’acqua all’interno della pianta stessa. Si aprono rilasciando acqua e assumendo anidride carbonica, si chiudono in periodi di stress da carenza d’acqua allo scopo di conservare acqua. In questo caso non possono assumere anidride carbonica)nelle piante utilizzate per l’esperimento era del 66% più alto, i muri epidermici erano più spessi, e le cellule erano più lunghe e più larghe di quelle de campioni di controllo (cioè altre piante non interessate dal fenomeno), qualche volta fino al 50% e oltre.
In conclusione gli effetti più studiati e testati riguardano 4 settori ben distinti: regolazione dei processi di crescita e sviluppo,prevenzione delle malattie (batteriche,virali,o crittograme),stimolazione delle difese e resistenza agli stress (temperatura,acqua ed eeconomia della gestione(concimazioni,trattamenti sanitari irrigazione).

Cristina Farina

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