Le Birre Trappiste, gusto da assaporare
Birra e formaggi tradizione secolare dei monaci trappisti
Avete mai sentito parlare di “birra trappista”? Nel variegato mondo della birra (l’antica bevanda alcolica aromatizzata con luppolo, ed ottenuta dalla fermentazione, ad opera di un lievito, degli zuccheri estratti dal malto d’orzo) ne esistono di chiare, ambrate, rosse, scure, persino bianche, con i più vari gradi di trasparenza ed ottenute attraverso procedimenti anche molto differenti tra loro. Ma c’è una particolare insieme di birre che forse non tutti conoscono, frutto di un’arte antica e preziosa, che gli appassionati del settore non possono certo farsi sfuggire.
Stiamo parlando della birra trappista, una birra speciale: non da bere, ma da assaporare, risultato di una tradizione secolare di monaci dediti a quest’attività fin dal 1800. L’origine del termine si riferisce all’ordine dei monaci trappisti, nato in Francia nel monastero cistercense di “La Trappe”. L’abate di La Trappe, in realtà, volendo porre freno ai comportamenti troppo libertini dei monaci cistercensi, introdusse delle rigide regole da adottare in abazia, tra cui l’obbligo di bere solo acqua, facendo nascere il cosiddetto ordine della “stretta osservanza”. Con il passare degli anni però, queste regole si affievolirono e a partire dal diciannovesimo secolo la pratica di produrre birra cominciò a diffondersi in diversi monasteri della stretta osservanza. I trappisti erano solo uno tra i tanti ordini che cercavano di sostentarsi attraverso la vendita di questa bevanda, in vari paesi europei, ma dopo la rivoluzione francese e le guerre mondiali, la maggior parte di questi centri venne distrutta mentre la popolarità della birra trappista continuava a crescere, tant’è che i monaci decisero di istituire l’Associazione Trappista Internazionale, per evitare che le birrerie non autorizzate sfruttassero commercialmente il logo.
Nel Mondo, ad oggi, le birre che godono di questo riconoscimento (ovvero il marchio “Authentic Trappist Product”) sono soltanto 7: Chimay, Orval, Westmalle, Rochefort, Westvleteren, Achel (tutte prodotte in Belgio) e Koningshoeven (prodotta in Olanda). I criteri di produzione in base ai quali si può definire una birra “trappista” sono 3: deve essere prodotta all’interno delle mura di un’abbazia trappista, da parte di monaci trappisti o sotto il loro diretto controllo; la produzione, la scelta dei processi produttivi e l’orientamento commerciale devono dipendere solo dalla comunità monastica; lo scopo economico della produzione di birra deve essere diretto al sostentamento dei monaci e alla beneficenza e non al profitto finanziario.
C’è da dire che molti monaci trappisti non producono soltanto birra, ma si dedicano alla gastronomia con rigore e sapienza, nelle loro giornate scandite da preghiera, lettura e lavoro, conducendo la medesima vita di secoli fa. I monaci dell’abbazia di Chimay, per esempio, hanno sapientemente accostato alle birre una speciale produzione di formaggi semi-stagionati, ricavati dal buon latte delle loro fattorie e maturati nelle cantine blindate del monastero. Presso la sede di Grandi Birre Roma di Pomezia si è svolto un interessante incontro-degustazione incentrato sull’accostamento della birra Cymay ai suoi formaggi, sottolineando come i metodi di produzione siano rimasti inalterati rispetto alle antiche origini e il gusto dei prodotti continua a profumare di storia e tradizione.
Marta Casini