Oggi, 25 novembre, è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come data della ricorrenza e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della nonviolenza contro le donne.
Quello che chiamiamo “femminicidio” non è un reato previsto dal codice penale: per la legge esiste solo l’omicidio, indipendentemente dal sesso della vittima. Il termina rimanda piuttosto a una dimensione specifica: l’uccisione di una donna in un contesto di sopraffazione per mano di qualcuno con cui la donna aveva un legame.
Esiste anche un concetto più sociologico, per il quale con femminicidio si intende “l’annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale”. Perciò include più generalmente “tutte le forme di violenza contro la donna in quanto donna, praticate attraverso diverse condotte misogine (maltrattamenti, abusi sessuali, violenza fisica o psicologica), che possono culminare nell’omicidio”.
In Italia, non vengono registrate dalle statistiche tutte le informazioni che sarebbero necessarie per definire o meno ogni singolo caso come “femminicidio”. L’Istat quindi definisce tale qualsiasi omicidio volontario di una donna commesso “in ambito familiare o affettivo”.
Prendendo per buona la definizione dell’Istat, i dati ci dicono che negli ultimi quattro anni in Italia sono avvenuti 475 omicidi volontari di donne, ma solo per 397 di questi si può parlare di femminicidio. Di questi ultimi, 253 sono stati commessi da un partner o un ex partner e gli altri 144 da un parente, un amico, un collega o un conoscente.
Se consideriamo gli ultimi vent’anni e confrontiamo gli omicidi di soli uomini con i femminicidi, ci accorgiamo di una cosa: i primi sono diminuiti, i secondi no. In numero assoluto, la maggior parte delle vittime sono ancora uomini, ma è altrettanto vero che il fenomeno dei femminicidi non mostra cambiamenti.
Chiara Ruocco