I primi documenti che parlano di capoeira risalgono al 1624, si tratta dei diari dei capi di spedizione incaricati di catturare e riportare indietro gli schiavi neri che tentavano di scappare. Questi documenti fanno riferimento ad uno strano modo di combattere, “usando calci e testate come fossero veri animali indomabili”.
Il mito diffuso è che la capoeira fosse un modo per gli schiavi di allenarsi a combattere dissimulando, agli occhi dei carcerieri, la lotta con la danza.
Dal 1814 venne vietata agli schiavi, assieme ad altre forme di espressione culturale, principalmente per impedirne l’aggregazione, ma ha continuato ad esistere e svilupparsi sopravvivendo fino ai nostri giorni.
Il 1888 fu l’anno di liberazione dalla schiavitù, ma gli schiavi liberati non ebbero modo di integrarsi facilmente nel tessuto socio-economico.
Nelle grandi città, molti di loro si diedero al crimine per sopravvivere, facendo spesso ricorso alla capoeira negli scontri con altri delinquenti o con la polizia, la capoeira fu quindi presto associata alla delinquenza di strada, tanto da venire proibita a livello nazionale già dal 1892.
La pratica della capoeira rimase clandestina e proprio da questo deriva l’uso per ogni capoeirista di un apelido (un soprannome) che rendeva difficile l’identificazione del capoerista stesso.
Nel 1930 la politica nazionalistica del presidente/dittatore Getúlio Vargas, in cerca di uno sport da promuovere come sport nazionale, diede l’opportunità a Mestre Bimba (artista marziale brasiliano e pilastro della capoeira regional) di riscattare la fama negativa della capoeira mediante lo stile di “Lotta Regionale di Bahia”, da lui ideato. Nel 1932 gli venne permesso di aprire la prima accademia nella quale impose anche delle regole di disciplina per ripulire la cattiva immagine che l’opinione pubblica aveva della capoeira. Dopo una pubblica esibizione di Mestre Bimba e dei suoi allievi finalmente lo sport ebbe il suo riscatto, e cominciò la sua lenta ascesa.
Nel 1974 la capoeira è stata riconosciuta come sport nazionale brasiliano.
Nel 2014 il riscatto definitivo con il riconoscimento da parte dell’Unesco di patrimonio intangibile dell’umanità.
La decisione è stata presa a Parigi, sede centrale dell’organizzazione legata all’ONU, dopo aver esaminato una lista di oltre 40 tradizioni culturali.
“Siamo molto emozionati perché la capoeira, inventata dagli schiavi, è stata proibita in Brasile per molti anni e oggi viene riconosciuta in tutto il mondo”, ha detto Jurema Machado presidente dell’istituto del patrimonio storico artistico nazionale.
Alessia Locicero