Da un piccolo organismo uno stop per fermare la morte neuronale. Uno studio dell’Ibbr-Cnr di Napoli ha permesso di analizzare, in vivo, gli eventi che precedono la morte neuronale, alla base di malattie come la Sma.
L’atrofia muscolare spinale (Sma) è una malattia neurodegenerativa rara, ma tra le più comuni cause di mortalità infantile. La morte di alcuni neuroni motori del midollo spinale è causata dalla mancanza del gene Smn1. Al momento non c’è ancora una cura, per questo è importante la ricerca di base sugli organismi modello.
I ricercatori dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli hanno analizzato, per la prima volta, gli eventi iniziali che accadono durante la morte neuronale quando manca il gene Smn1. La ricerca è pubblicata sulla rivista Human Molecular Genetics. “I nostri studi ci hanno permesso di dimostrare che la mancanza di Smn1 scatena un meccanismo di morte programmata, chiamata apoptosi”, racconta Elia Di Schiavi dell’Ibbr-Cnr- morte che, però, può essere contrastata in vari modi.
“Abbiamo dimostrato-continua- l’intercambiabilità tra il gene umano e quello di Caenorhabditis elegans, un piccolo animale invertebrato che costituisce un importante modello genetico per l’analisi dei processi neuro-degenerativi: attraverso la sostituzione del gene di C. elegans con quello umano siamo riusciti infatti a prevenire la morte dei neuroni. Inoltre, è stato possibile prevenire la neuro-degenerazione utilizzando un farmaco, l’acido valproico, già impiegato in trials clinici su pazienti affetti da Sma. Studiare quello che succede in C. elegans ha quindi un impatto ed è rilevante anche per capire la funzione del gene umano, la cui mancanza provoca la Sma“.
Lo studio mostra però altri modi per evitare la neuro-degenerazione nel C. Elegans. “Per prevenire la morte neuronale gioca un ruolo importante anche un altro gene, Plastin3, la cui presenza permette in parte di scongiurare la morte dei neuroni“, prosegue il ricercatore dell’Ibbr-Cnr. “Questi esperimenti spiegano a livello molecolare il dato clinico secondo cui i pazienti che dispongono di maggiori quantità di Plastin3 hanno una forma meno grave della malattia“.
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I ricercatori hanno utilizzato questo modello animale per le sue caratteristiche, che lo rendono ottimale per valutare le conseguenze di mutazioni genetiche sulla sopravvivenza dei neuroni. “C. elegans, seppur evolutivamente distantissimo dall’uomo, possiede molti geni che svolgono una funzione simile nell’essere umano”, conclude Di Schiavi. “La nostra ricerca ci ha permesso di scoprire che tra questi geni che hanno una conservazione funzionale c’è anche il gene Smn1”.