Si susseguono nel tempo, gli anniversari in cui si commemora la scomparsa di Giovanni Falcone, e oggi più che mai, sembra che l’Italia si dimentichi dell’insegnamento lasciatoci dal Giudice. Nella ricorrenza del 23 maggio, è usanza oramai comune diventare attivisti antimafia per un giorno, per tornare poi a fare orecchie da mercante i restanti dì dell’anno. Non tutti ricordano che, a differenza del lustro attuale di cui godono le figure di Falcone e Borsellino, nel corso degli anni ’80 una parte del paese e dello stato era quantomai ostile verso i due magistrati ed il resto del leggendario pool antimafia. Negli anni 2010, si assiste nuovamente ad un ostracizzazione di coloro i quali combattono le mafie.
L’esempio più eclatante è sicuramente quello di Roberto Saviano, l’autore di Gomorra, che da anni vive sotto scorta. I social network hanno permesso un enorme avvicinamento di questi personaggi pubblici nei confronti dell’umore del popolo, e proprio da questo avvicinamento è emerso in numerosi casi un vero e proprio disprezzo nei confronti del lavoro dello scrittore e dei responsabili della sua scorta. Un imbarbarimento della società dovuto con ogni probabilità alla sfiducia del popolo verso le istituzioni.
La morte di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e delle loro guardie sono solo alcuni, sebbene i più celebri, uomini dello Stato vittime della criminalità organizzata. Il loro sacrificio dovrebbe ispirare le genti verso una presa di coscienza culturale che estirpi le mafie dal principio, ma oggi, nel 2019, quell’ispirazione pare essere tremendamente lontana.
Luigi Trama