delle visioni raccontate dai sopravvissuti
Silvia Petrianni
La lotta per la verità tra scienza e spiritualità continua. Questa volta i ricercatori affermano di essere giunti a una prima spiegazione per quelli che in molti chiamano viaggi nell’Aldilà e di cui si ricevono testimonianze dal 20% delle persone che sopravvivono a un infarto cardiaco. Dall’Università del Michigan arrivano i primi risultati su esperimenti svolti su cavie da laboratorio. Nove ratti sono stati anestetizzati e sottoposti ad arresto cardiaco indotto. L’attività elettrica del cervello dei primi trenta secondi dopo l’arresto cardiaco è stata monitorata attraverso un elettroencefalogramma. Al termine dell’esperimento, gli studiosi hanno analizzato i dati, rilevando una sovraestensione dell’attività cerebrale, da associarsi normalmente a un cervello sovraeccitato e cosciente. La spiegazione sembra risiedere nel fatto che dopo l’arresto cardiaco,
la riduzione di ossigeno e glucosio è in grado di stimolare l’attività cerebrale caratteristica di un’elaborazione cosciente. ”Siamo stati sorpresi – afferma l’anestesista George Mashour, coautore dello studio – dagli alti livelli di attività. In effetti i segnali elettrici ci indicano che il cervello ha una attività elettrica ben organizzata durante la fase iniziale di morte clinica. Questo ci suggerisce che nello stato di pre-morte esiste quindi un livello di coscienza che normalmente si trova in una condizione di veglia.”