Nel Lazio giovani in cerca di Lavoro

Nel Lazio un popolo di giovani in cerca di Lavoro

Il tasso di disoccupazione nel Lazio supera il livello medio nazionale, il picco si registra a Viterbo, seguita da Frosinone e Latina.

Cinquemilioniquattrocentomila abitanti circa della Regione Lazio: di questi oltre cinquantatremila ragazzi – dopo l’ultimo anno di obbligo scolastico – si trovano di fronte alla scelta: continuare gli studi o cercare un lavoro.
E non sono solo numeri. Le stime parlano chiaro. Trovare lavoro è difficile e mantenerlo – forse – ancor di più.
Dai dati pubblicati lo scorso aprile dall’Istat, in un’indagine sulla forza lavoro, emerge la situazione della regione Lazio. Il tasso di occupazione di uomini e donne tra i 15 e i 64 anni è del 59,7%.
Centocinquantunomila – invece – sono in cerca di un’occupazione. Il tasso di disoccupazione nel Lazio è del 6,4%; il picco di disoccupati si registra a Viterbo (9,6%), seguita a ruota da Frosinone (8,4%) e Latina (7,9%), bilanciano invece Rieti (5,3%) e Roma (5,8%). E considerando che il tasso medio italiano di disoccupazione è di 6,1 punti percentuale, la situazione ancora non è critica, ma potrebbe diventarlo.
L’altro problema tutto italiano è il precariato, soprattutto giovanile. «Non credo di essere il primo a pensare che la situazione attuale sia deleteria per i lavoratori e per le stesse aziende – dice Giovanni, 24 anni, diplomato ed impiegato da quattro anni in una società per azioni con contratto a tempo determinato –. Viviamo in un paese di staticità assoluta. Con tale premessa è difficile pensare che le attuali condizioni di lavoro favoriscano e incentivino le persone a cambiare attività cercando qualcosa di più soddisfacente ed appagante».
I giovani lavoratori intervistati si lamentano, parlano, parlano tanto, e nella loro voce si coglie l’insoddisfazione. Sostituiscono chi è in permesso per la maternità, per malattia o si limitano ad essere collaboratori, sempre con un contratto stagionale, senza alcuna certezza che poi l’occupazione diventi a tempo indeterminato.
«Sarebbe bello rientrare in una delle due opzioni (contratto a tempo determinato o indeterminato), il vero precariato è quello di noi “liberi professionisti” – denuncia invece Fabrizia, 34 anni, laureata in architettura –. Gente costretta ad aprire partita Iva e ad andare avanti con lettere d’incarico e contratti lavorativi “sulla parola”, sigillati solo con una stretta di mano – e conclude, sfiduciata – Possibilità di inserimento: nessuna. Possibilità di essere cacciati: quando vogliono. Da un momento all’altro».
Due voci di un malcontento generale.
Altro discorso per i cosiddetti co.co.pro., lavoratori assunti con un contratto a progetto che ha sostituito il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (altrimenti detto co.co.co.). Il contratto a progetto è sempre più spesso il secondo – e ultimo – gradino che un giovane compie nel mondo del lavoro in Italia. Il primo gradino è lo stage non retribuito anche della durata di un anno.
Il contratto a progetto può essere rinnovato infinite volte e questa possibilità di rinnovo è spesso utilizzata dai datori di lavoro per eludere gli adempimenti propri del contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il lavoratore a progetto si trova quindi in una condizione di costante precarietà e il licenziamento formale viene sostituito dal mancato rinnovo del contratto.
Ma qual è la reale percezione della situazione? Un quadro il più possibile completo è offerto dal Portale lavoro della Regione Lazio. Un sondaggio messo on line sul sito www.portalavoro.regione.lazio.it – che da luglio 2007 a febbraio 2008 ha raccolto le opinioni di 882 utenti – ha dimostrato, per il cospicuo numero di risposte, l’interesse per queste problematiche.
Il 42% degli intervistati sono persone che hanno da 26 a 35 anni che, insieme a coloro che hanno da 36 a 45 anni, rappresentano la quasi totalità degli intervistati (70%). La quota più significativa è data dai cittadini occupati, pari al 51,3%. Di questi, però, solo il 13,6% è costituito da occupati a tempo indeterminato. Il 15,5% è rappresentato da occupati a tempo determinato. Sono, invece il 14,7% gli atipici – co.co.pro., collaboratori occasionali e lavoratori interinali – mentre il 7,5% ha dichiarato di lavorare senza avere un regolare contratto. Il sondaggio, inoltre, chiedeva agli utenti quali aspetti ritenessero più critici rispetto alla attuale condizione professionale. Il risultato sembra scontato e più che mai preoccupante: il 90% degli utenti segnala la problematicità della “certezza nel futuro” e di trovare un’occupazione. D’altra parte, il secondo aspetto segnalato come critico riguarda la retribuzione (76%).
Dalle interviste, dai dati e dai sondaggi ufficiali emerge – infine – una società che si adatta, il cui sviluppo risulta essere seriamente compromesso.

Laura Riccobono

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *